NEWSLETTER #2
“Fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce.”
Dante Parolin
PER PASQUA, OCCHIO AL ROSSO IN TAVOLA
Ciao …
Oggi vogliamo darti qualche “pillola” per permetterti di vedere la vastità degli utilizzi della vivisezione.
Chi nella propria vita non ha provato la salsa di soya o l’olio di cocco? Purtroppo senza esserne consci abbiamo finanziato ricerche effettuate su animali.
Chi non ha mai fatto una lampada solare o ricostruito unghie grazie alle lampade UV?
Chi non ha mai imbiancato casa, guidato un’auto, utilizzato guanti monouso, mascherine, assorbenti per le donne e molto altro ancora?
Prova a pensare la vastità ed immagina quanti animali soffrono e muoiono nel mondo!
Di seguito ti riportiamo due piccole “PILLOLE” …
Cosa c’è che non va nel rosso Allura?
Domenica 9 aprile farai senz’altro come sempre: non porterai in tavola né carne né pesce né torte che contengano uova o latticini, e così facendo sarai in pace con te stesso: il tuo sarà un pranzo pasquale cruelty free al 100 per cento. Oppure no? Oppure ci sono altre cose da considerare? Sì, ci sono. Prendi, per esempio, il colorante artificiale rosso Allura (E129) il cui uso è consentito come additivo in moltissimi alimenti destinati all’uomo – caramelle, bevande alcoliche, latticini, snack, prodotti da forno, cereali, gelatine e cosmetici – ma anche negli alimenti destinati ai nostri amici a quattro o due zampe: cani, gatti e uccelli.
Cosa c’è che non va nel rosso Allura? Tanto per cominciare non è affatto escluso che possa danneggiare il Dna e sia pertanto cancerogeno. Infatti, i molteplici studi tossicologici eseguiti negli ultimi 50 anni hanno dato risultati tra loro contrastanti. E con questa notizia eccoci al punto: per ritrovarsi tra le mani – in capo a una grottesca soap opera durata decenni – un risultato a dir poco incerto, per non sapere in quale misura, precisamente, sia pericoloso, l’UE e i governi dei Paesi europei hanno commissionato (e altri ne dovranno commissionare) un numero incalcolabile di crudelissimi esperimenti sugli animali.
Diciamo perciò che anche se il rosso Allura fosse totalmente innocuo (e non lo è) dovremmo starci attenti: certo, trattandosi di un additivo sintetico esso riceve spesso la qualifica di “vegan”, e tuttavia portando in tavola cibi o bevande che lo contengono non potremmo vantarci di essere cruelty free, offriremmo e gusteremmo infatti prodotti inutilmente e ingiustamente mischiati a un colorante che piange sangue. Nella sua presenza non c’è alcuna ragione che riguardi sicurezza o salute: solo la strategia commerciale di piacere all’occhio del consumatore e vendere di più.
Conclusione: ricordando che diversi Paesi europei (ma non l’Italia) ne hanno a più riprese vietato il commercio, stiamo attenti al rosso Allura, controlliamo le etichette e in caso di incertezza scriviamo al produttore chiedendo ragguagli e/o segnaliamo al servizio clienti dei supermercati quello che ci sta a cuore: a questo scopo esistono degli utilissimi pre-stampati di cui dovranno certamente prenderne nota, specie se gliene arrivano tanti. La rivoluzione che vogliamo parte di qui, da noi.
* Nota: non tutti gli alimenti e le bevande rosse contengono l’Allura. Alcuni di loro, infatti, utilizzano un altro colorante rosso non meno crudele che deriva dal sacrificio di migliaia di piccoli animaletti, le cocciniglie, allevate, imprigionate e infine fatte essiccare prima di essere chimicamente trattate. Ma del colorante Cocciniglia E120 ti parleremo in un’altra occasione.
Per saperne di più: https://hideea.com/blog/additivi-alimentari-normativa-etichettatura
Da dove vengono i farmaci stipati negli armadietti-medicina che tutti noi abbiamo in casa?
Da dove vengono i farmaci stipati negli armadietti-medicina che tutti noi abbiamo in casa? L’aspirina, per dirne uno, viene da molto lontano. Viene dalla fine del 1800 quando i test sugli animali non erano ancora obbligatori. Potremmo dire: che fortuna! Se lo fossero stati, infatti, uno dei più versatili e portentosi rimedi di uso comune esistenti non sarebbe mai arrivato nella nostra vita, per il semplice motivo che per gli animali l’aspirina è pericolosa: provoca malformazioni negli embrioni di cani, gatti, ratti, topi, conigli e scimmie. E in qualsiasi laboratorio di tossicologia dei nostri giorni sarebbe stata scartata fin dalle primissime fasi della sperimentazione.
Non è che ai tempi in cui l’aspirina fu scoperta e portata sul mercato non si facessero test animali, anzi. Ma la vivisezione minuziosamente codificata e obbligatoria che oggi conosciamo nacque molto più tardi, e cioè nel secondo dopoguerra, quando il processo di Norimberga contro i medici nazisti si concluse con una drastica decisione: vietati gli esperimenti sugli esseri umani, da quel momento in poi qualunque efferatezza fosse venuta in mente a un medico ricercatore, era un’efferatezza OK purché eseguita su un animale nel nome della scienza e del progresso.
Le giuste ragioni umanitarie e democratiche prese in quegli anni non tardarono insomma a tradursi in un alibi spietato per puntellare un sistema di potere ramificato dentro le Università e nei centri privati della ricerca, incapace di auto-correggersi men che meno di rinunciare ai molteplici benefici (di carriera, di prestigio, di stipendio, di iper-finanziamenti) di cui godono i suoi sostenitori.
Orripilati sia da ciò che i loro stessi occhi vedevano accadere dentro ai laboratori sia dal racconto fornito da 100 ricercatori da loro intervistati, un noto zoologo inglese, Rex Burch, e il suo assistente, William Russell, scrissero nel 1959 un libro-guida intitolato I principi umani della tecnica sperimentale, con lo scopo di migliorare il trattamento riservato agli animali. E’ con questo libro che nasce il principio delle 3R (di cui vi parla un’altra newsletter LEAL) ma la verità è che 65 anni dopo quasi nulla è cambiato per gli animali mentre sempre più difficilmente, quasi mai, escono dai laboratori di ricerca nuovi farmaci capaci di debellare i nostri mali endemici: cancro, diabete, malattie cardiocircolatorie, Alzheimer, Parkinson, SLA…
Ed eccoci al dunque: è da questo farraginoso sistema – costoso, ingiusto – che provengono i farmaci in circolazione destinati ad alleviare i nostri mali. Molti di questi farmaci promettono e non mantengono. Molti hanno tremendi effetti collaterali che i test sugli animali non sono stati in grado di scovare. Altri farmaci ci sono utili o indispensabili, dobbiamo proprio prenderli, ma grondano sangue e dolore. Possiamo fare qualcosa? Sì, certo. Possiamo:
1. Leggere, studiare, imparare, capire, seguire e appoggiare la LEAL nelle sue battaglie per superare la sperimentazione animale. Con finanziamenti adeguati – di gran lunga superori a quelli erogati oggigiorno – e con un’altrettanto adeguata volontà politica le metodologie alternative (Nams) in cantiere nei centri di eccellenza del mondo (ancora troppo pochi) possono farci entrare in un’era scientifica del tutto nuova: utile per l’uomo, rispettosa e giusta nei confronti degli animali. Questo è esattamente lo scopo della nostra associazione antivivisezionista.
2. Dare la preferenza ai farmaci generici/equivalenti, che sono medicinali con la stessa composizione e quindi con la stessa efficacia del farmaco di marca. Costano di meno – almeno il 20 per cento rispetto a quelli originali – come diretta conseguenza del fatto che il brevetto sul principio attivo del farmaco è scaduto. Inoltre, molti di loro sono relativamente cruelty free. Infatti, per produrli e venderli non è necessario ricorrere a nuovi test animali ancorché vengano sempre richiesti test di equivalenza eseguiti su volontari umani, e le autorità preposte siano sempre e comunque autorizzate a derogare dalla norma.
3. Ricorrere – per i disturbi quotidiani più lievi – alla collaudata farmacopea casalinga delle nostre nonne/bisnonne/trisnonne: per il mal di gola sciaqui con sale marino grosso e limone ; per una cattiva digestione acqua e bicarbonato; come antivirale da spruzzare sulle mani o la mascherina l’olio essenziale di Ravintsara (attenti agli occhi!); come disintossicante e i malesseri da sbornia le prugne umeboshi; per l’affaticamento e i dolori muscolari da stress e superlavoro, il centrifugato di sedano…
VANNA BROCCA
Giornalista