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24 Aprile – Giornata mondiale degli animali da laboratorio

NEWSLETTER #8

Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare.
Albert Einstein

“Fuori è primavera ma non qui dove il sole non batte mai in nessun giorno dell’anno e dove nulla cambia mai. Sappiamo come sono le luci dei neon e il cemento, ma le stagioni no. Le poche cose che conosciamo sono terrorizzanti: il rumore delle gabbie quando vengono aperte e richiuse e quello dei nostri piedi quando ci muoviamo non sull’erba, o sulla terra, ma sulla plastica e sulle grate metalliche dove a volte ci mettono per darci le scosse elettriche. Conosciamo bene anche le voci e i passi degli umani che vengono a cercarci e, ogni volta è un colpo al cuore. Cerchiamo di rintanarci, di farci piccoli, di non farci vedere. Magari si dimenticano di noi e ci lasciano stare. E invece no. E allora sarà quell’ago che entra nella carne dolorante, sarà il veleno infilato a forza nello stomaco o sarà una lotta impari per resistere a chi vuole estrarci dalla gabbia per poi legarci ad un attrezzo che ci mantiene immobili mentre ci versano sostanze corrosive negli occhi o sulla pelle rasata, oppure per farci non sappiamo cosa, sappiamo solo che dopo stiamo male.

Siamo decine di migliaia. Siamo milioni. Siamo i topi, i ratti, i conigli, i cani, le scimmie e tutti gli altri che popolano gli stabulari e i centri di ricerca delle Università dell’Italia e del mondo. Ogni giorno molti di noi scompaiono. Poi c’è chi torna nella gabbia straziato e resta immobile sperando che tutto passi presto. Molti sono fasciati, alcuni hanno strani oggetti conficcati nel cranio. A volte gli umani arrivano e li sentiamo dire “oggi termina il numero xxx” e portano via qualcuno che non torna più. E forse sono quelli più fortunati, chè bisognerebbe capire se è più fortunato chi torna o chi non torna più. Ma oggi dall’esterno arrivano rumori che non conosciamo e gli umani sono più nervosi del solito.”

UNA STORIA DI CANI
Era arrivata la primavera, tanto tempo fa e l’aria era già più tepida. Dalle prime ore del mattino eravamo sotto la sede di una casa farmaceutica che si trovava in un edificio simile a tanti altri e assolutamente anonimo. A lato di quella che era la sede amministrativa c’era un altro stabile anch’esso anonimo e squallido dove si trovava lo stabulario vero e proprio. Ci eravamo radunati alla chetichella allertati da un tam-tam in cui si annunciava l’arrivo di un gruppo di cani destinati alla sperimentazione in deroga senza anestesia. Era bastato poco per organizzarci, un po’ di telefonate tra noi e dopo qualche ora di viaggio eravamo arrivati a destinazione in una stradina laterale poco frequentata alla periferia di una grande città. Sapevamo che 6 o 7 beagles sarebbero arrivati con l’aereo da un paese europeo e quindi portati a destinazione con un furgoncino anonimo. Così avevamo deciso di fermare tutti i furgoni che entravano nella viuzza per evitare che il carico prezioso ci passasse sotto il naso senza essere trovato. Intanto era arrivata la Digos e aveva controllato i nostri documenti avvertendoci del fatto che, non avendo il permesso di manifestare, non potevamo sostare davanti all’edificio. Allora avevamo iniziato a camminare senza sosta urlando i nostri slogan contro la vivisezione ma non ci era permesso andare sotto l’altro edificio che, qualche metro più lontano, era protetto da alte recinzioni. A sera gli impiegati erano usciti guardandoci male, erano nervosi, ci avevano fotografato e avevano lanciato offese contro di noi, un paio di loro avevano anche fatto il gesto di volerci investire con l’auto. Ma intanto noi eravamo aumentati di numero e avevamo stabilito i turni di presenze in modo da non abbandonare mai il presidio. Nel frattempo il responsabile di un’associazione del luogo era riuscito ad allacciare trattative per il rilascio dei cani. Dopo 2 giorni e 2 notti era arrivata la bella notizia: i beagles erano salvi, sarebbero stati affidati all’associazione che aveva condotto le trattative e che si sarebbe occupata di darli in adozione. E così avvenne.

Nei giorni seguenti la notizia della liberazione dei cani fu riportata dai giornali “ Animalisti salvano beagles destinati ad esperimenti senza anestesia”, “ Animali da laboratorio vengono salvati e dati in adozione”. Ogni titolo che leggevamo ci suscitava gioia e dolore al tempo stesso. Ne avevamo salvati 7 ma ne avevamo lasciati tanti dentro quell’edificio davanti al quale non potevamo arrivare. Avevamo lasciato al loro destino tanti “animali da laboratorio” senza poter fare nulla per loro.

“Animali da laboratorio” li chiamano e così sembra che tutto sia giusto. Invece non lo è. “Animali da laboratorio” è una definizione data dall’uomo che serve a stabilire la destinazione degli animali, senza poter replicare. Vengono etichettati a seconda dell’uso che l’essere umano ne vuole fare, perché tutto sia percepito come “normale”. In realtà non esistono animali da laboratorio, come non esistono animali d’affezione o da reddito. Esistono invece ANIMALI che mai e poi mai, dovrebbero essere imprigionati, uccisi, torturati, violentati e sottoposti ad esperimenti.

Della vita degli animali negli allevamenti molti di noi sanno già tutto, degli animali “da laboratorio” invece si sa molto poco perché la realtà non viene mostrata. Raramente si vedono filmati che mostrano le vere condizioni in cui vivono queste creature. Se qualcuno riesce ad entrare negli stabulari si trova davanti il divieto di fotografare e filmare. I video che circolano sono quasi sempre girati da volontari che si trovano lì sotto copertura oppure sono entrati di nascosto.

Gli stabulari sono luoghi inaccessibili, così come i laboratori di ricerca. Gli animali imprigionati in queste strutture non hanno identità, non hanno nome, sono identificati da numeri. Nei resoconti delle Università sono inseriti nell’elenco dei MATERIALI usati. Molti di loro vengono fatti riprodurre per averne sempre un alto numero a disposizione e poter fare esperimenti senza acquistarne di continuo. Alcuni invece sono stati catturati in natura e arrivano chiusi in minuscole gabbie dopo aver compiuto estenuanti viaggi durante i quali molti di loro muoiono. La loro giornata inizia e termina nelle gabbie. I tempi vengono scanditi dalle manovre che vengono compiute su di loro. Sono creature innocenti che non conosceranno mai altro che una gabbia e il dolore degli esperimenti compiuti su di loro. Non conosceranno il calore di un raggio di sole, la bellezza di una corsa sull’erba e men che meno, proveranno la gioia di una carezza data col cuore. Dopo una vita in cui sono stati sacrificati senza motivi validi termineranno la loro esistenza su di un banco metallico, dove saranno oggetto di una salvifica eutanasia e il loro corpo sarà gettato tra i rifiuti. Nessuno saprà di loro e sarà come se non fossero esistiti. Per quegli animali la primavera rimarrà una sconosciuta.

Il ricordo di quei giorni torna spesso ed ogni volta è vivido come il primo giorno.

Chissà se anni fa quegli animali chiusi nello stabulario sentirono il rumore che facevamo, chissà se provarono qualcosa di simile alla speranza e in qualche modo sperarono di essere salvati. Ogni volta che guardiamo i nostri compagni di vita a quattro zampe pensiamo a loro, ogni volta che li accarezziamo immaginiamo quei loro fratelli soli e terrorizzati dentro una gabbia. Nessuno si avvicinerà a loro con amore, nessuno lenirà il loro dolore. Alla fine nessuno li ringrazierà per aver donato la loro vita all’uomo, purtroppo il più delle volte inutilmente.

E’ per tutti gli animali che continuiamo la nostra difficile missione contro la VIVIsezione. Per loro siamo impegnati affinchè questa pratica crudele e obsoleta sia superata e vengano utilizzati nuovi metodi scientifici senza animali, più sicuri per gli esseri umani.

A quelle creature innocenti sacrificate, oggi e non solo oggi, va il nostro pensiero ed è dedicato il nostro impegno.

A voi che ci leggete va il nostro grazie per essere con noi dalla parte degli “animali da laboratorio”

BRUNA MONAMI
Vicepresidente
LEAL Lega Antivivisezionista

Aziende Cruelty Free e Coniglio Nero di LEAL

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