I cani di razza che conosciamo sono stati plasmati dall’uomo in quasi ogni forma e taglia possibili, a cominciare dai Chihuahua così piccoli da stare in una tasca fino agli Alani giganti che pesano anche 80 o 90 kg. Ma non è stata la necessità guidare la mano di allevatori e veterinari: solo uno strano modo di intendere la bellezza e lucrarci sopra.
Teste accorciate, rughe della pelle, code avvitate, arti ridotti, occhi sporgenti e tutti i tratti morfologici esasperati richiesti dagli standard di razza sono doti inseguite a ogni costo per vincere un premio e aggiudicarsi una menzione o la copertina di una rivista specializzata ma che hanno un risvolto di patologie gravi o gravissime per gli animali. Boxer affetti da epilessia, Carlini con problemi respiratori, Bulldog incapaci di riprodursi o di partorire senza l’assistenza umana, Cavalier King Charles che soffrono di siringomielia (una condizione dovuta alla sproporzione tra la dimensione del cervello e quella del cranio) e, ancora, gravi patologie ortopediche e della colonna vertebrale, mancanza di coordinazione e controllo degli arti, anomalie cardiache, persino tumori… La lista dei danni fisici inferti agli animali dalle pratiche deliberate di chi controlla questo business è lunghissima.
Il “migliore amico” dell’uomo è un essere vivente i cui organi e le cui proporzioni non si possono impunemente comprimere, ritagliare o ingrandire.
Lo ha dimenticato la federazione dei Kennel Club di tutti i paesi del mondo (http://www.enci.it/libroorigini/kennelclub.php) che contribuiscono a fissare i canoni di purezza e bellezza dei cani di razza. Ma a ricordarcelo oggi c’è un documentario della tv inglese BBC, Pedigree dogs exposed (“I segreti dei cani di razza”, diffuso in Italia dal canale Cinemania.net con sottotitoli di Jonziepoo), che sottolinea l’ampiezza del problema e rivela che le patologie genetiche dei cani di razza sono in aumento in modo impressionante.
Con dati, statistiche, storie vere e interviste a medici, veterinari, genetisti, rappresentanti di associazioni per il benessere degli animali, il reportage spiega anche quale sia il ruolo delle mostre canine – la prima venne organizzata dalla borghesia vittoriana alla metà dell’Ottocento – nello spingere gli allevatori a cercare di riprodurre a tutti i costi esemplari “perfetti”, preoccupandosi solo dell’aspetto estetico e non di quello funzionale di ciascuna razza (da caccia, da guardia, da pastore, ecc) né del benessere degli animali.
E’ così che si è diffusa la pratica dell’accoppiamento tra esemplari consanguinei con buona pace del Kennel Club inglese, l’istituzione britannica dalle credenziali inappuntabili (Sua Maestà la Regina ne è patrona) che registra regolarmente cani nati da unioni madre-figlio e fratello-sorella, incurante delle oltre 500 malattie genetiche che affliggono i cani di razza. Nel Regno Unito, gli esemplari con pedigree superano il 75% di tutti i cani e si stima che i loro proprietari spendano per loro, in cure veterinarie, oltre 10 milioni di sterline alla settimana, quasi 12 milioni di euro.
“Li alleviamo preparandoli a un destino di morte” – dichiara il genetista inglese Steve Jones – “ed è assurdo che lo si faccia con animali che amiamo e che non sopportiamo di vedere soffrire”. Che ci sia una diffusa resistenza a riconoscere e porre rimedio a questo crudele “maltrattamento genetico” è ben denunciato dal documentario della BBC, che rivela come gli animali vengano iscritti comunque alle competizioni cinofile – e vengano persino proclamati campioni – nonostante la sofferenza e la salute precaria.
Paola Cavaglià
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