Un enorme passo in avanti è stato compiuto nella ricerca scientifica per combattere la malattia dell’Alzheimer dai ricercatori del General Hospital del Massachussets. Essi hanno creato ciò che è stato battezzato come “morbo di Alzheimer nel piatto”, la scoperta che hanno fatto collocando delle cellule del cervello umano in una capsula di Petri, contenente del gel e hanno constatato che quando i geni dei malati di Alzheimer vengono aggiunti nella capsula,le cellule cerebrari diventano dei rivelatori di “placche” e di “grovigli” che sono associati alla malattia.
Il ricercatore Dottor P.Murali Doraswamy, della Duke Univesity , ha dichiarato che si potrebbe accelerare la sperimentazione di nuovi farmaci per l’uomo. Fino ad ora i ricercatori si sono concentrati a fare sperimentazione sui topi geneticamente modificati, che presentano però ciò che la scrittrice scientifica Gina Kolata, del N.Y. Times, ha definito in un suo articolo : ”Una forma imperfetta della malattia”.
Infatti i topi non si ammalano naturalmente del morbo di Alzheimer, che viene forzatamente inoculato loro, e anche quando gli sperimentatori inseriscono i geni della malattia nei topi, gli animali non sviluppano gli stessi sintomi dell’uomo. Come avviene negli esseri umani, i topi creano le proteine beta-amiloide in eccesso, atte a sviluppare le placche ma non hanno mai sviluppato i grovigli e nessuno ne conosce le ragioni. Ben oltre 20 farmaci che, sperimentati sui topi, pareva potessero curare l’Alzheimer, hanno totalmente fallito una volta testati sugli esseri umani. La nuova procedura consentirà ai ricercatori di rivolgere la loro ricerca e gli studi della malattia umana utilizzando le cellule umane. Essi dovranno quindi direzionare le loro procedure e i loro sforzi, allontanandosi dalla metodologia arcaica e crudele di sperimentare sugli animali ed impegnarsi nel far dirottare l’erogazione dei fondi stanziati per la ricerca verso le metodologie alternative, che rappresentano il vero progresso scientifico.
Giovanna Tarquinio