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Sulla stella di David Bowie

Feb 12, 2016 | Argomenti, LEAL informa, Storie | 1 commento

Siamo grati ad Annamaria Manzoni, psicologa e scrittrice fortemente impegnata nella questione animale, che si è resa disponibile a collaborare con LEAL firmando il suo primo articolo di una serie di contributi periodici.

Sono vibrazioni dell’anima quelle che David Bowie provoca ogni volta con le note di Space Oddity, quello spazio strano in cui, nei panni di Major Tom, è andato a perdersi, in un’avventura spaziale diventata mito musicale. E oggi, che la sua natura terrena si è dissolta, la fascinazione di saperlo lassù, anzichè in grigia terra, è tale che chi dà i nomi alle stelle, ne ha vista una in cui poterlo ritrovare. Perché i miti non muoiono: alimentarli ci è necessario per immaginare l’eterno dove invece c’è il finito.
LaikaÈ bello allora saperlo per sempre là, seduto sopra il mondo, dove “The stars look very different today”, dove le stelle oggi sembrano così diverse; non è da solo però a errare nell’universo: c’è un’altra non lontano da lui, lei partita senza averlo deciso né mai voluto, e condannata a vagare in uno spazio di cui non aveva mai sentito il desiderio, perché Laika, cagnetta randagia, non chiedeva altro che continuare a raccattare un po’ di cibo nelle strade pur fredde e inospitali di Mosca, magari insieme a qualche compagno vagabondo, tanto per vincere la solitudine ed ingannare il gelo.
Non le è stato però consentito quel sogno piccolo piccolo, perché un progetto come il suo, quello di provare semplicemente a vivere e sopravvivere, qualche volta giocare, magari innamorarsi un po’, certe volte disperarsi e poi ancora ricominciare, non valeva nulla al confronto dei sogni di gloria degli uomini in cerca di infinito, ai cui piani la sua fragile esistenza non ha potuto opporsi: e le è toccato di essere trasformata in cavia, oggetto, esperimento. È successo così che anche lei ha dovuto andare nello spazio, dentro una capsula. Ma là, dove Major Tom fluttua senza gravità, pervaso da una calma surreale, mentre pensa ad un mondo centomila miglia lontano, dove ha lasciato affetti sicuri, che sanno di lui, lei è invece legata e trattenuta con cinghie nella navicella, così non si agita, e non conosce la quiete che è figlia di desideri appagati di grandezza e solitudini assolute da sperimentare. Quel suo cuore che batte all’impazzata non le parla di azioni eroiche, ma scoppia di paura per tutto quello che le fanno e che lei non capisce.
Eccolo allora, Major Tom, ragazzo degli anni ’60, andato in orbita a cercare qualche cosa che la scienza gli ha reso possibile, anche se forse il senso gli pare vago: guarda la Terra che da lassù sembra blu, e pensa che, se anche lui si è perso, la sua astronave lo sa dove andare e sa anche il perché; il suo destino è preordinato e non c’è niente che lui possa fare per cambiarlo. Ma sa perdersi nell’infinito e andare alla deriva, sentire la grandezza di un’esperienza dilatata come dilatata è la sua coscienza; e sa tradurre il desiderio e la paura dell’ignoto in parole e musica che quell’universo lo attraversano e lo popolano di tutti quelli, e sono tanti, che si sentono vicini a lui. Ed eccola invece Laika, spaventata e piccola, docile e indifesa, a morire di paura e di solitudine e a non capire perché.
Forse è la voce di Laika quella che David Bowie ha sentito quando è arrivato nello spazio, dove lei si aggirava già da tanti anni, e piangeva da sola; come in un mito greco ha preso il suo lamento, così estremo e assoluto, lo ha rivestito di parole grandi, e lo ha rimandato sulla Terra, dove risuona di profondità e di dolore, struggente come solo un dolore senza senso può essere.
Anche Major Tom è andato alla deriva e non è tornato sul suo pianeta: si è perso nei luoghi dove lei è stata condannata a vagare: su quella stella che si fregia solo del nome di un uomo, a ben guardare è forse possibile vedere accanto alla sagoma elegante e sottile di un ragazzo, quella così piccola di Laika, che alza lo sguardo su di lui. E ci fa bene credere che spaesamento e smarrimento si plachino nella fiducia che lei, ancora una volta e nonostante tutto, sarà capace di porre in un essere.

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