Pur essendo da tempo noti i danni del latte ormai da chiunque reperibili con una semplice ricerca in Rete, il Ministero ha messo in campo quella che immagina sia l’artiglieria pesante per sostenere un settore destinato a un declino ineluttabile e senza ritorno: il comparto lattiero-caseario. Ed ecco che vestiti di bianco, sorrisone e bicchiere di latte fresco quattro testimonial (retribuiti?): Carlo Cracco, Cristina Parodi, Demetrio Albertini e Giorgio Calabrese compaiono nella campagna istituzionale del Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) per la promozione e la valorizzazione del latte fresco.
Questa è l’ultima strategia del Ministero in collaborazione con organizzazioni agricole, le cooperative, l’industria e la Grande distribuzione organizzata, per incentivare il consumo di latte. Oltre alla campagna ci sarà uno spot sui social e un hashtag: #oradellatte.
Ora, capiamoci bene: Giorgio Calabrese, dietologo e docente di nutrizione famoso per difendere l’indifendibile dal suo trono fisso nel programma Porta a Porta, nonché ultimo paladino dell’olio di palma, si ostina ad affermare che le mucche sono nate per fare il latte e lo “producono”, ignorando che come tutti i mammiferi sono in lattazione solo quando partoriscono. Cracco è uno degli chef più vocati alla carne e dal canto suo è quotidianamente carnefice di decine di animali di ogni specie, sia nel suo ristorante che in televisione. Cristina Parodi come giornalista dovrebbe avere più curiosità e informarsi di più su questo argomento e il “povero” Albertini è forse succube del parterre. Ma pecunia non olet: i soldi non puzzano e di soldi nel settore ne giravano molti di più prima che oltre alle problematiche di settore si aggiungesse un calo di consumi. Quest’ultima marchetta ministeriale è un colpo basso all’etica e alla moderna scienza della nutrizione.
Ricordiamoci infatti che se si parla di latte vaccino il danno maggiore lo subiscono la mucca e il suo vitello, che separato dalla madre dopo il parto, con strazio di entrambi (non a caso si dice: “Piangere come un vitello”) hanno destinazioni diverse: alla mucca una breve vita e munta fino allo sfinimento, mentre il vitello viene condotto al macello in tempi brevissimi. Poi ci sono anche i danni alla salute di chi beve il latte e si alimenta con i suoi derivati (yogurt, burro e formaggi): pur essendo ricchi di calcio, causano acidosi e quindi lo sottraggono all’apparato scheletrico; inoltre, i prodotti caseari favoriscono il cancro soprattutto ovarico, mammella e prostata, e il diabete di tipo 1 nei bambini, e veicolando grassi animali inducono malattie cardiovascolari.
Nel latte passano tutti i nutrienti, ma anche i tossici e gli inquinanti che circolano nel sangue dell’animale. Le mucche da latte assumono le sostanze nocive presenti nel mangime (utilizzate per la produzione intensiva di cereali e soia: fertilizzanti, erbicidi e pesticidi), a questo si aggiungono le massicce dosi di antibiotici somministrati agli animali d’allevamento e quelli specifici per l’infezione della mammella causata dalla produzione di decine di litri di latte al giorno.
Non dimentichiamo che la lattazione viene stimolata anche con farmaci fino ad arrivare a 35/60 litri di latte al giorno, mentre in natura le mucche ne produrrebbero solo 8/10. Sono sempre più numerose e determinate le persone a cui non interessa salvaguardare chi sfrutta a morte e schiavizza esseri viventi per il proprio profitto.
La campagna Mipaaf non sarà nel nostro nome: #latteèmorte #bastalatte #nolatte #govegan
(Silvia Premoli)