LETTERA APERTA AL PROFESSORE
Seguendo le regole di cortesia dovrei iniziare la lettera a Lei rivolta con “Egregio” ma poiché il suo operato tutto è fuorché “insigne, eccellente, unico per virtù, o degno di memoria” preferisco astenermi e mi rivolgo a Lei ricordando la carica che Lei ricopre nella scuola pubblica. Inizio quindi semplicemente.
Professore,
mi rivolgo a Lei come ad un laureato che forse avrebbe fatto meno danni svolgendo un altro lavoro e che invece ha scelto di insegnare.
Apprendo della Sua esistenza da un articolo che racconta il Suo condannabile gesto che diventa ancora più condannabile perché assurge a lezione di vita per i suoi alunni.
Lei invece di soccorrere una tortora trovata per terra l’ha schiacciata con i piedi. Poco importa che la tortora fosse ferita o morente. Quello che importa è che Lei ha fallito la Sua missione di maestro di vita.
Lei ha ucciso l’empatia e disconosciuto la compassione. Lei ha negato ai suoi alunni la gioia che viene dal poter compiere un gesto di amore soccorrendo e aiutando un esserino bisognoso. Lei si è arrogato il diritto di insegnare che un gesto crudele può essere compiuto ai danni del più debole. Lei ha insegnato che il più forte può disporre a suo piacimento dell’inerme.
Non servono le parole in Sua difesa del presidente regionale di Federcaccia, da quel pulpito non potevano uscire parole diverse. Non serve dichiarare che gli uccelli sono “cose” per il Codice Civile, non serve il Codice per rispettare una vita.
Non si può dire che il Suo è stato un gesto paragonabile all’eutanasia dal momento che una decisone di questo genere è di competenza medica. Non serve ricordare che ci sono bambini che muoiono di fame, la conoscenza di una cosa non esclude l’altra e i bambini non muoiono di fame perché si soccorre una tortora.
Non ci sono scuse per il Suo gesto professore. Lei ha mancato la missione che era chiamato a compiere, perché insegnare è una missione che lo si voglia o no.
Lei ha fallito nel fondamentale compito di un insegnante ma è riuscito in una cosa, in senso negativo Lei sarà degno di memoria, non sarà “egregio” ma di sicuro sarà indimenticabile per loro.
Una lezione la Sua che i ragazzi porteranno dentro di loro per sempre. Sarebbe meglio dimenticare ma non ci riusciranno.
Questa è la responsabilità che Lei dovrà portarsi dietro.
Bruna Monami
vicepresidente LEAL
I FATTI. TESTO DELL’ARTICOLO E DICHIARAZIONI DEL PRESIDENTE REGIONALE DI FEDERCACCIA UDINE. “Io sono (con) quel professore! Questo è un mondo fatto di uccelli”. Il presidente regionale di Federcaccia, Paolo Viezzi non ci sta alla “gogna pubblica”, come la definisce, a cui è stato sottoposto l’insegnante della Bassa friulana accusato di aver ucciso una tortorella davanti agli studenti.
Lo scrive a chiare lettere nel proprio profilo Facebook.
L’episodio risale a inizio settimana: un insegnante, invece di soccorrere una tortorella in difficoltà, l’ha uccisa schiacciandola con i piedi davanti agli studenti, che sono rimasti sconvolti. La scena svoltasi durante la ricreazione nel cortile della scuola e raccontata dai ragazzi ha avuto risalto attraverso il tam tam su WhatsApp.
Federcaccia, tramite il suo presidente Viezzi, esprime solidarietà nei confronti dell’insegnante. “Alcune persone mettono in pubblico la loro sensibilità verso gli uccelli e senza alcun pudore si permettono di offendere irreparabilmente la dignità degli uomini”.
“Se vi saranno le condizioni gli daremo il supporto legale – continua Viezzi –. Pensiamo alle conseguenze personali, familiari e lavorative che avrà quell’uomo. E per che cosa – si interroga –? Per una tortora. Fortunatamente il codice civile cataloga gli uccelli ancora come cose e non come esseri umani. L’uccello era praticamente deceduto. Era ferito ormai e si voleva evitare una sofferenza. Non c’era alternativa. Non poteva essere curato”.
“Lo riteniamo un gesto educativo. Purtroppo c’è una schiera di ipocriti che si ostina a mettere alla gogna quell’uomo. Faccio alcuni esempi. Il mio vicino ha appena preso sotto una tortora con la macchina, spiaccicata sul parabrezza.
Allora dovremmo dire: “A morte l’autista, la macchina e il parabrezza!”. Un aereo ha appena risucchiato nei motori alcune tortore. Dovremmo allora urlare “Una strage! A morte l’aereo e tutti i piloti! Cerchiamo di essere meno falsi. Vuol dire che non dovremmo più usare la macchina o l’aereo visto che tutte le volte c’è il rischio di travolgere un animale usando quei mezzi”.
“Nel caso della tortora è stata applicata l’eutanasia. Si è voluta evitare una sofferenza. È più facile, però, fare adepti per Eluana Englaro che per un uccello quando si parla di fine vita”.
“Siamo in un mondo – conclude il presidente di Federcaccia – dove gli animali hanno assunto nella coscienza individuale un ruolo più importante di quello degli stessi uomini nel tentativo, ipocrita, di liberarsi dei sensi di colpa.
È inaccettabile che una persona possa trovarsi in così tanta difficoltà per “un uccello” quando ogni giorno muoiono 17 mila bambini di fame. Di quei 17 mila bambini il pubblico italiano non conosce le facce, non conosce il nome, non ne conosce la storia, non vedrà la loro fine. Il pubblico italiano, invece, conosce la storia della tortora”.
Fonte → Messaggero Veneto
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