Un inferno a cielo aperto. Non dobbiamo sforzarci per immaginare cosa sia successo in questi 10 giorni per le strade di Yulin, una città di 7 milioni di abitanti. Le immagini sono eloquenti: una madre viene fatta girare per il mercato portando una borsa con un cartello dove è scritto: “Cuccioli in vendita”, un cucciolo viene messo in mostra appeso ad un filo con mollette, qualcuno vende il proprio cane, famiglie intere festeggiano sedute ai tavoli mentre i bimbi si guardano intorno già abituati a quello che vedono.
Immaginiamo il rumore, le urla dei cani, le voci della gente e l’odore che aleggia sul luogo, un misto di carne cotta e di sudore. E immaginiamo e sentiamo il dolore che aleggia per le strade come un odore, e come un colore tutto copre e ricopre. Un inferno che ha il colore del sangue. Questo è stato anche quest’anno il Festival di Yulin. Non si parla solo carne di cani ma anche di gatti. Si parla di 10.000 cani e 4.000 gatti. Gli animali vengono in gran parte rubati, ma anche venduti e comprati, stipati in gabbie piccolissime, ammassati l’uno sull’altro fino a tre strati, rinchiusi in sacchi da riso legati con corde, vengono fatti viaggiare a lungo attraverso la Cina, soffrono la fame, la sete, vivono per giorni nel terrore, sono costretti a respirare l’aria satura di orine e di feci. Molti muoiono e sono forse i più fortunati. Gli altri, coloro che sopravvivono, vedono i compagni morire prima di essere a loro volta torturati, spellati vivi, uccisi e poi cotti allo spiedo davanti ai clienti che aspettano e scattano foto.
Anche quest’anno è stato così, nonostante le proteste, le petizioni, nonostante la lotta di associazioni e attivisti nulla è cambiato. Le istituzioni cinesi negli anni passati asserivano che il festival non esisteva. Quest’anno hanno dichiarato di non poter vietare una tradizione. Ma il festival non è una tradizione, è iniziato nel 2009 nella speranza che portasse turisti. La data d’inizio coincide con il festeggiamento del solstizio d’estate e la carne di questi animali è, nella credenza popolare, un modo per avere fortuna, fortificarsi e superare al meglio l’estate.
Ma anche in Cina le cose stanno cambiando. Oggi molti cinesi considerano cani e gatti non più come cibo ma come amici e compagni: ci sono circa 27 milioni di animali domestici. Non tutti i cinesi approvano quello che succede. Gli animalisti cinesi sono attivi nelle proteste e cercano di salvare più animali possibili e dobbiamo riconoscere che il loro compito è davvero arduo, le condizioni in cui operano sono molto difficili.
Il Festival di Yulin 2017 è finito ma il massacro continua sotto altre forme. Perché il sacrificio di animali innocenti prosegue in ogni luogo dove vengono uccisi per gli scopi dell’uomo. Quindi STOP YULIN non solo a giugno ma bensì ogni giorno, e stop ad ogni tipo di violenze e soprusi messi in atto su animali innocenti in ogni parte del mondo.
Bruna Monami
vicepresidente LEAL
Sezione di Arezzo
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