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I numeri della vivisezione

Dic 11, 2017 | Argomenti, LEAL informa, Vivisezione

È online l’ultimo numero della nostra rivista “La Voce dei Senza Voce” n. 108 inverno 2017 con i contributi di: Gian Marco Prampolini, Bruna Monami, Francesca Di Biase, Piero M. Bianchi, dalle sezioni: Milano, Modena, Napoli, Ferrara, Isole Tremiti, Cremona, Reggio Emilia, Como-Lecco. Buona lettura.
Sfoglia online → “La Voce dei Senza Voce” n. 108
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cover_VOCE_108L’articolo di Bruna Monami
vicepresidente LEAL

Il Ministero della Salute ha pubblicato nella Gazzetta Ufficiale i dati relativi al numero di animali utilizzati in Italia ai fini scientifici, nell’anno 2015 (17A02800) (GU Serie Generale n.95 del 24-04-2017):
581.935 ANIMALI (al loro primo utilizzo) SONO STATI USATI IN ITALIA NELL’ANNO 2015.
Questi numeri già esorbitanti sono in realtà non del tutto veritieri poiché, come stabilito dalla direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, non sono rendicontati gli animali “sentinella”, animali soppressi al solo fine di ottenere organi o tessuti e le forme fetali ed embrionali di specie di mammiferi.
MONAMI_tabella_vivisezione_ridI più utilizzati sono stati come sempre i topi e i ratti, seguiti da porcellini d’india e conigli. Topi e ratti sono i più utilizzati per ragioni pratiche, sono a basso costo, più facili da maneggiare e stabulare. Non possiamo fare a meno di pensare che molti di questi animali vivono con noi nelle nostre case e sono compagni di vita.
Alto rimane anche il numero dei cani: 540.
Gli utilizzi di animali nelle procedure effettuate nel 2015 sono stati 586.699, quasi 5.000 in più del numero degli animali indicati come primo utilizzo, il numero comprende sia gli animali “naïve” che quelli riutilizzati. Esaminando le tabelle che compongono il documento ufficiale sono molti i dati che fanno riflettere.
Finalità delle procedure
Rileviamo che 218.615 animali sono stati utilizzati nelle procedure che riguardano la ricerca di base che NON prevede alcun obbligo di legge. Come afferma il professore Thomas Hartung, già direttore dell’Ecvam e oggi Faculty Directory alla Johns Hopkins Bloomberg University negli USA, afferma che “La legislazione per gli animali da laboratorio è il parco giochi dei ricercatori”.
Dai numeri riportati emerge che 8.910 topi sono stati utilizzati per il mantenimento di colonie di animali anche geneticamente modificati. In questi animali vengono inseriti geni che portano le informazioni della malattia, la metà degli embrioni muore durante la gestazione, quelli che nascono non portatori della malattia vengono soppressi. Anche dopo la nascita sono sottoposti a sofferenza quotidiana per la loro fragilità e la sensibilità dovuta alla malattia di cui sono portatori.
Leggendo i dati riportati sotto la dicitura “PE40- Protezione dell’ambiente naturale, nell’interesse della salute o del benessere degli esseri umani o degli animali” troviamo il numero 76. Questo vuol dire che nonostante venga affermato che la vivisezione serve alla specie e alla protezione dell’ambiente sono state effettuate a tale scopo non più di 76 procedure su 586.699.
Gravità delle procedure
vivisezione_scimmiaUna tabella fornisce una panoramica sul livello di gravità delle procedure (non risveglio, lieve, moderata, grave) e indica, per ogni specie, il numero di utilizzi, tenendo conto sia degli animali al primo utilizzo, sia di quelli riutilizzati. Gli animali soppressi risultano essere 37.546 (non risveglio). Circa 280.000 le procedure classificate come “moderata” e “grave”. Queste sono procedure che provocano angoscia e dolore prolungati e possono comportare il non ricorso all’anestesia.
Dalle sintesi non tecniche dei progetti possiamo capire cosa si intenda per “sofferenza moderata”: induzione di metastasi; dolore e disagio associato alla chirurgia, complicazioni come edema ed emorragia, deficit motorio; parziale paresi delle zampe anteriori e posteriori che può compromettere attività motoria, alimentazione e idratazione degli animali; ulcere; ferite; disidratazione; anoressia; perdita di peso; respirazione difficoltosa; dispnea; tachipnea; crisi epilettiche anche gravi che potrebbero portare al decesso naturale; danno spinale procurato con lesione chirurgica con conseguente paralisi dell’animale, dopo il risveglio dell’animale verranno eseguiti test comportamentali; insorgenza di sintomi dolorifici non controllabili con farmaci analgesici, sofferenza moderata persistente di lunga durata (3 mesi).
Come è possibile leggere nelle sintesi solo in alcuni casi si annuncia che sarà messa in atto una terapia del dolore post-operatorio, infatti non esiste obbligo di intraprendere la terapia del dolore dopo gli interventi chirurgici. È il veterinario incaricato che decide se procedere in questo senso in caso di bisogno.
Animali utilizzati in base all’origine
Dai dati riguardanti le procedure, rileviamo i numeri degli animali utilizzati in base all’origine (esclusi i primati non umani): 544.052 nati nell’UE presso allevatori registrati; 35.311 nati nell’UE presso allevatori non registrati; 1.167 nati nel resto d’Europa; 1.181 nati nel resto del mondo.
Tra questi troviamo 187 cani nati in UE presso allevatori registrati e 353 nati nel resto del mondo. Primati non umani in base all’origine: 4 nati da allevatore registrato nell’UE; 112 nati in Asia; 108 nati in Africa.
Valori del mercato
I numeri altissimi di animali impiegati ci danno dimostrazione che intorno alla vivisezione esiste un grande giro di affari. Ci sono allevatori (anche non registrati), manutentori, trasportatori e non solo. Un giro economico stimato in più di 600 milioni di euro in Europa e 2,5 miliardi di euro nel mondo ogni anno (Claude Reiss, presidente di Antidote Europe).
E migliaia e migliaia di animali continuano ad essere sacrificati sull’altare di una scienza vecchia e imprecisa. I numeri fortemente sottostimati sono questi: più di 600.000 animali usati in Italia; 12 milioni di animali nell’Unione Europea; 400 milioni nel mondo; più di 600 laboratori in Italia dove viene usato il modello animale. L’unico modo per superare i limiti della vivisezione e dell’uso del modello animale rimangono i metodi sostitutivi. LI CHIAMIAMO SOSTITUTIVI E NON ALTERNATIVI PERCHÉ NON DEVONO ESSERE USATI IN ALTERNANZA MA DEVONO ANDARE A SOSTITUIRE I METODI OBSOLETI ANCORA IN USO.
Urgono sovvenzionamenti pubblici per istituire corsi per giovani ricercatori che non usino il modello animale e servono metodi nuovi validati in tempi brevi affinché sia possibile renderli obbligatori. Solo in questo modo la scienza potrà fornire risultati validi per l’uomo ottenuti in modo etico salvaguardando gli animali.
La scienza va avanti, ai ricercatori va il compito di saper cogliere le opportunità che offrono i metodi sostitutivi messi a punto da scienziati. Il progresso della scienza è nelle loro mani e nei nuovi metodi di ricerca che non sacrificano animali inutilmente e riescono a dare risposte sicure per l’uomo.
Fonti:
→ Gazzetta Ufficiale (a)
→ Gazzetta Ufficiale (b)
Dal canto suo LEAL continua a finanziare borse di studio per ricercatori che non usano il modello animale, come quella all’Università di Genova.
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