È online l’ultimo numero della nostra rivista “La Voce dei Senza Voce” n. 108 inverno 2017 con i contributi di: Gian Marco Prampolini, Bruna Monami, Francesca Di Biase, Piero M. Bianchi, dalle sezioni: Milano, Modena, Napoli, Ferrara, Isole Tremiti, Cremona, Reggio Emilia, Como-Lecco. Buona lettura.
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L’articolo del dott. Pietro M. Bianchi
medico veterinario
Clinica Sempione Milano, 02 33605150
dott. Bianche e dott. Dominione
Le sigle FeLV, FIV e FIP indicano tre pericolose infezioni che possono mettere a repentaglio la salute dei nostri gatti. Scopriamo in dettaglio di che cosa si tratta e come evitarle.
Se il nostro micio è solito uscire di casa, potrebbe più facilmente venire in contatto con i propri simili. I rapporti con gli animali randagi e con quelli che conducono un’esistenza semi-libera, però, possono favorire la trasmissione di alcune malattie infettive, tra le quali assumono oggi particolare importanza la leucemia felina, la sindrome da immunodeficienza e la peritonite infettiva, tre infezioni che costituiscono un pericolo molto serio per i nostri beniamini a quattro zampe. Recenti studi epidemiologici, infatti, hanno messo in luce come un gatto su tre, tra quelli che sono soliti vivere all’aperto, siano portatori di almeno una delle patologie citate. Come si trasmettono tali affezioni? Quali sono i sintomi che le contraddistinguono? Esistono delle cure? È possibile prevenirle? Cerchiamo di rispondere a queste domande in maniera esauriente.
La leucemia felina
Il virus della leucemia felina (FeLV, dall’inglese Feline Leukemia Virus) è in numerosi Paesi una delle più frequenti cause di morte tra i gatti. Una ricerca condotta in Europa una ventina di anni fa ha evidenziato come, su diverse migliaia di animali esaminati, una percentuale compresa tra il 10% e il 20% fosse risultata positiva al test specifico. Il microrganismo si trasmette da gatto a gatto soprattutto mediante la saliva (morsi, condivisione delle ciotole), ma anche tramite tutte le altre secrezioni (urina, lacrime, starnuti, latte, rapporti sessuali e così via) e nel momento in cui penetra nell’organismo felino, si possono verificare tre diverse eventualità: un’infezione lieve e latente, che conduce spesso a una risposta immunitaria in grado di proteggere l’animale per tutta la vita (40% dei casi; l’animale resta, però, sieropositivo e funge da diffusore del virus); la mancata infezione (30% dei casi); lo sviluppo della patologia, che determina il manifestarsi dei sintomi in un tempo variabile compreso tra i tre mesi e i tre anni (30% dei casi).
I segni clinici possono essere diversificati e comprendono forme tumorali o degenerative, senza contare le complicanze patologiche legate all’azione immunosoppressiva del virus. Le malattie tumorali, a loro volta, vanno distinte in linfosarcomi (tumori solidi a carico dei singoli organi) e forme leucemiche diffuse (coinvolgimento delle cellule del sangue). Il gatto malato può presentare episodi febbrili, deperimento, scarsi appetito e vivacità, infezioni secondarie allo stato di immunodepressione. La diagnosi viene effettuata mediante specifici esami del sangue, eventualmente corredati (più che altro per valutare la gravità del problema) da ulteriori analisi collaterali.
La sindrome da immunodeficienza dei gatti
Il virus dell’immunodeficienza felina (FIV, dall’inglese Feline Immunodeficiency Virus) è strettamente imparentato con quello dell’Aids dell’uomo (HIV, dall’inglese Human Immunodeficiency Virus). Possono essere colpiti gatti di qualunque razza, sesso ed età: veicoli di contagio sono, così come per la leucemia felina, le secrezioni corporee. L’animale malato sviluppa nella maggior parte dei casi una serie di sintomi legati all’abbassamento delle difese immunitarie: il segno iniziale è una febbre transitoria, accompagnata ad aumento di volume delle ghiandole linfatiche.
Gli aspetti più gravi della malattia, tuttavia, emergono di solito a distanza di parecchio tempo (mesi o addirittura anni) dal contagio e consistono in episodi febbrili reiterati, dimagramento, progressivo deperimento organico, debolezza, anemia, aumento di volume dei linfonodi e così via.
A questi sintomi possono aggiungersi infezioni croniche recidivanti secondarie (causate da batteri, che approfittano della situazione per colonizzare i vari distretti dell’organismo, o da virus, non ultimi quelli della leucemia e della peritonite), che possono interessare numerosi organi e apparati (specialmente la bocca, le vie respiratorie, la pelle e il sistema nervoso) per poi regredire (apparente guarigione clinica) con trattamenti antibiotici e riemergere nel giro di breve tempo. La diagnosi della malattia viene formulata dal veterinario sulla base dei risultati di specifiche analisi del sangue.
La peritonite infettiva
Il virus della peritonite infettiva felina (FIP, dall’inglese Feline Peritonitis Virus) può colpire, come i precedenti, qualunque gatto e si trasmette allo stesso modo, cioè mediante le secrezioni organiche. La sua diffusione è soprattutto presente nelle comunità feline, ma ciò non significa che i mici di casa ne siano esenti.
Dopo un lungo periodo d’incubazione (mesi o anni), la malattia può manifestarsi in due modi: la forma umida e quella secca. Nel primo caso si hanno versamenti addominali e/o toracici: caratteristica è l’ascite (presenza di liquido, talvolta anche molto abbondante, nella cavità addominale), che conferisce al gatto malato un profilo alterato da un innaturale gonfiore del ventre; altrettanto peculiare è la raccolta di liquido nella cavità toracica, con conseguenti segni di difficoltà respiratoria. Nel secondo caso, invece, si ha interessamento a carico dei più disparati organi e apparati (tra cui soprattutto l’occhio, il sistema nervoso e il rene), che vengono coinvolti dallo sviluppo di lesioni di tipo granulomatoso. L’evoluzione dell’infezione è in genere rapida e fatale. La diagnosi viene messa in atto dopo l’esecuzione di accertamenti di vario genere.
Cura e prevenzione
I tre virus descritti sono patogeni solo per la specie felina: non esistono quindi rischi di alcun genere per la salute umana o per quella di animali di altre specie che convivono con i gatti malati. Nonostante l’interferone felino (una molecola anti-virale di recente introduzione in Italia) si sia talora rivelato utile per attenuare i sintomi, non esistono in realtà protocolli curativi efficaci contro le tre infezioni e l’arma più efficace è dunque quella della prevenzione.
Mentre per la leucemia felina esiste un vaccino (da iniettare un paio di volte nei gattini e da ripetere una volta all’anno per tutta la durata della vita negli adulti), contro la sindrome da immunodeficienza e la peritonite infettiva gli scienziati non sono stati ancora in grado di allestire un preparato immunizzante efficace.
Per questo è raccomandabile, allo scopo di evitare rischi di qualunque genere, vietare ai gatti d’appartamento di uscire di casa, impedendo loro di vagabondare e di venire in contatto con animali di ignota provenienza.
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