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ESPERIMENTI SU ANIMALI – DA FRANKESTEIN AI NUOVI MOSTRI

Ott 14, 2020 | Argomenti, LEAL informa, Vivere eticamente, Vivisezione

Testo di Giovanna Tarquinio

Nel corso dei secoli l’uomo ha alterato la natura per adeguarla alle sue necessità, manipolando il mondo vegetale e quello animale, creando nuove specie oppure potenziandole, vedi le super mucche naziste che vagano nei boschi, create da scienziati folli. Ma i mostri che crea la scienza moderna vanno ben oltre a quelli del passato. Stiamo entrando in un mondo nuovo, popolato di mostri, dove uomo e macchina diventano un tutt’uno come i cyborg, dei robot che potrebbero cambiare tutto. Le stampanti in 3D sono il cuore dei progressi compiuti nel campo della medicina. Esse consentono di poter stampare, velocemente e personalizzati, arti e organi artificiali umani per sostituire quelli danneggiati o mancanti, una vera fabbrica di produzione. Una tecnologia diffusa e dirompente, in grado di proteggere il corpo umano, per sopperire a vari casi, come i danni muscolari o più gravi di paralisi, con l’esoscheletro, un’apparecchiatura che indossata dal paziente, gli consente di riprendere mobilità, come il camminare e l’alzarsi, donandogli una vita migliore. Ma se ulteriori potenziamenti di questa tecnologia fosse finalizzata per creare esseri umani potenziati?

Gli scienziati stanno puntando a riprodurre perfettamente tessuti umani, tramite biopsie di cellule del corpo umano, per ovviare il rigetto. Ma fino a che punto un uomo potrà considerarsi ancora tale, se le parti del suo corpo saranno artificialmente ricostruite? Avremo individui in parte mostri e in parte umani avendo un corpo con parti trapiantate, come ad esempio una testa di un altro corpo? Esperimenti di questo tipo sono stati iniziati anni fa dal dottor Robert J. White che sostituiva le teste di primati, dall’uno all’altro corpo, con esperimenti crudeli che sottoponevano gli animali a lunghe e atroci sofferenze, rimanendo paralizzati, senza ottenere alcun successo. Questo moderno Frankestein venne poi insignito con onore dall’Accademia Pontificia delle Scienze dall’allora Papa Giovanni Paolo II.

Avere a disposizione una tecnologia sempre più avanzata non significa che sia sempre ragionevole utilizzarla. Eppure c’è un medico ad un passo dall’eseguire un impianto di testa umana su un altro corpo, il chirurgo Sergio Canavero, che ha trovato il primo paziente volontario. Un uomo nato con una rara forma di atrofia muscolare, disposto ad affrontare un intervento chirurgico altamente rischioso, impiantando la sua testa su un altro corpo, in quanto la sua situazione fisica sta peggiorando, pare sia l’unica soluzione possibile, pur calcolando il grandissimo rischio. Un esperimento utopistico o pura follia? Ma una persona così potrà essere considerata umana con una testa impiantata in un corpo costituito da parti interamente artificiali, come vediamo nei film di fantascienza? Qual è il confine fra uomo e mostro?

Circa 4 milioni di anni fa, l’uomo ha iniziato a sopravvivere fino a tutt’ora, con le tecnologie moderne, ma alterando l’evoluzione stessa, con esperimenti scientifici che superano quelli di Frankestein, oltrepassando quelle linee che separano l’uomo da un mostro. Possiamo alterare la natura finché siamo in grado di farlo, modificando i corsi dei fiumi, creando un’isola, selezionando varietà animali e piante con la genetica. In sostanza ci sostituiamo a Dio o stiamo sfruttando la nostra intelligenza nel modo peggiore mettendo a rischio la sopravvivenza dell’umanità, della natura e a che prezzo?

Anche la Natura nel tempo si è modificata attraverso un meccanismo evolutivo che Darwin ribattezzò “selezione naturale”. La differenza sta nel fatto che l’uomo sta compiendo una selezione artificiale e tutto quello che portiamo sulle nostre tavole è il risultato di tale processo, come fecero i nativi americani che trasformarono un’erba in mais. Gli americani sono arrivati a trasformare un modesto uccello in un pollo che, prima del conflitto mondiale, veniva allevato solo per la produzione di uova. Durante il conflitto, questo pollo diverrà l’alternativa più redditizia alle esigenze alimentari, trasformandolo in un super-pollo, tramite delle selezioni e altri interventi mirati, per cui oggi il 98% del pollo che consumiamo, non è altro che il risultato di un pollo geneticamente modificato e uniformato, rispetto alle varietà naturali. Anche una grande varietà di cibi che consumiamo sono stati geneticamente modificati rispetto a quelli naturali e possiamo anche discutere se ciò sia giusto o sbagliato, ma tant’è.

Per parlare di creare i mostri, dobbiamo guardare al nostro recente passato, per incontrare i risultati di alcuni esperimenti scientifici davvero inquietanti. L’uomo che utilizza la tecnologia, con l’intento di dominare la natura piegandola al proprio volere per farlo, non si pone certo scrupoli. La conseguenza è che il numero di mostri artificiali, sia umani che animali, è in continua crescita, avendo raggiunto la possibilità di ricorrere alla genetica, ma non tutti gli esperimenti che producono nuovi risultati, possiamo garantire di averne il controllo. Di fronte a certe scoperte bisognerebbe appellarsi al buon senso, ponendoci sempre il dubbio se può servire per qualcosa di buono o può invece essere finalizzato a degli scopi malvagi. Le nostre conoscenze sono relativamente limitate sui possibili effetti futuri dei nostri interventi sulla natura e alcune creazioni possono avere conseguenze indesiderate o disastrose. Ciò che è avvenuto in Gran Bretagna dove un allevatore accudisce delle mandrie di mucche speciali, create dall’uomo, dotate di una forza fisica indotta tale che potrebbero ucciderlo in qualsiasi momento. Un animale mite e tranquillo è proprio la mucca ma queste sono dei veri mostri. Sono i cosiddetti “bovini nazisti”, discendenti da esprimenti genetici, realizzati per volontà di Hitler, che voleva riportare in vita una specie ormai estinta di animali feroci: gli euri. L’euro è l’antenato del bovino moderno, diffuso in Europa fino al XVI secolo allo stato brado. Gli scienziati tedeschi, incrociando le mucche con i tori spagnoli da combattimento, ha riportato in vita questa nuova specie ribattezzata “bovino di Heg” ancora molto più aggressiva. I bombardamenti degli alleati avevano sterminato la maggior parte degli allevamenti di queste mucche e alcuni esemplari sono sopravvissuti nello zoo di Monaco e alcuni loro discendenti si trovano in Gran Bretagna a Derekgo. I letali bovini nazisti avrebbero dovuto farci comprendere qualcosa in merito al pericolo di voler riportare in vita specie animali estinti, ma l’uomo non impara dall’esperienza, la storia lo insegna.

Il monito di usare il buon senso, non ha impedito ad altri scienziati di cercare di resuscitare uno dei mostri estini fra i più grandi della storia: il mammuth lanoso. Possedendo un ottimo campione di DNA di mammuth stanno pensando di poter dare vita ad una nuova varietà di elefante molto simile al mammuth lanoso, ma perché mai dovrebbero farlo? La risposta la fornisce un biologo che vive in Siberia, convinto che questo mammuth possa risolvere le conseguenze disastrose del cambiamento climatico nelle gelide terre come la Siberia. Allevandone a migliaia essi si nutrirebbero di permafrost, minacciato di scomparire in seguito all’innalzamento della temperatura, dovuta al cambiamento climatico. Il permafrost è un materiale organico racchiuso nel terreno, che se dovesse marcire a causa del disgelo, consentirebbe all’anidride carbonica e ai gas metano di disperdersi nell’atmosfera, con conseguenze terribili per l’ambiente. Che ruolo allora rivestirebbero i mammuth? Con il loro pesante calpestio di muschi, arbusti e di alberi per cibarsi, manterrebbero la steppa produttiva di erba, la quale assorbe meno luce solare rispetto agli alberi ed il terreno di conseguenza assorbirebbe meno calore assicurando così il mantenimento del gelo che ingloba il carbonio e gas nel sottosuolo. Questa è la teoria ma a quali conseguenze andremmo incontro, liberando queste enormi mandrie di animali scomparsi da milioni di anni, se si rivelassero dei mostri distruttivi?

Al paleontologo Jack Horner del Montana un giorno capitò di trovare alcune rare uova fossili di dinosauro ancora nel nido e da allora ha iniziato a dissotterrare i resti di creature estinte, interessato a ricreare una nuova specie di dinosauro ben più grande del mammuth lanoso. Convinto che i dinosauri erano animali socievoli e incurante del monito che ha ispirato il film di fantascienza, tra i più terrorizzanti mai visti: “Jurassic Park” del 1993 tratto dal romanzo fantascientifico di Michael Crichton, egli è determinato a ricavare un DNA di dinosauro in grado di poter clonarlo. Sostenitore che la scienza non deve porsi dei limiti, anzi deve scoprire tutto ciò che è possibile, egli continua a ricercare inutilmente il DNA per riuscire a riprodurlo. Prende la sfida con una certa vena di ironia ma non demorde. Se Jurassic Park ci ha messo in guardia sui possibili terribili epiloghi, conseguenti al risveglio di specie estinte e per lo più spaventose, il non volerlo considerare, in nome del desiderio irrefrenabile di non porre dei limiti etici alla scienza, potremmo rischiare di essere sul punto di una vera catastrofe.

I film dell’orrore hanno sempre fantasiosamente creato dei mostri inesistenti, ma nel mondo moderno, dominato dalle tecnologie più disparate i mostri potrebbero diventare una realtà. Ci sono scienziati, dotati di un ego molto grande, che ritengono le nostre avanzate tecnologie, frutto della nostra intelligenza, siano ormai in grado di creare un ibrido umano. C’è chi ha tentato in passato di realizzarlo senza successo: Il’ja Ivanovič Ivanov, biologo russo, scomparso nel 1932. Negli anni ’20 la teoria dell’evoluzione darwiniana non era ancora del tutto accettata, per cui ci furono scienziati determinati nel cercare delle prove a suo sostegno. Ivanov voleva dimostrare che l’uomo discende dalla scimmia. Impegnato nel campo dell’inseminazione in zootecnia, iniziò a creare delle specie ibride di animali diverse, come la zebra-asino, il bisonte-mucca e altre mostruosità simili. Le sue ricerche lo resero famoso quando partorì l’idea di creare l’uomo-scimmia ed il suo progetto suscitò l’interesse del governo stalinista. L’idea era quella di creare un esercito di uomini-scimmia, una casta inferiore, che si differenziava per una enorme resistenza a sopportare il dolore, la fame, il freddo, ma dotati di scarsa intelligenza, quindi perfettamente adatti a lavorare nelle ricche di miniere. Le sue ricerche lo portarono lontano alla ricerca di trovare dei soggetti adatti e ciò lo condusse nell’Africa orientale a Kindia, nella Guinea Francese, ove allestì un centro di ricerca per i suoi sinistri esperimenti. Basandosi sulle teorie darwiniane sull’origine della specie, iniziò a condurre esperimenti sugli scimpanzé con l’inseminazione di sperma umano nelle femmine. Tutti i tentativi andarono a vuoto per cui escogitò un piano ancora più spaventoso e ignobile: sperimentare l’inseminazione di sperma di scimpanzé stavolta su tantissime donne locali, ignare e inconsapevoli di fungere da cavie. Anche questi esperimenti risultarono disastrosi e quando le autorità locali ne vennero a conoscenza, lo cacciarono dal Paese. Una volta rientrato in Russia, riprese gli esperimenti, convincendo alcune donne a sottoporvisi volontariamente per diventare madri di “scimpanzéuomo”, ma ancor prima di iniziare la sperimentazione, si venne a sapere dei suoi immorali tentativi e venne esiliato in Kazakistan. Anche stavolta questa inquietante vicenda ispirò la filmografia fantascientifica ma con un’angolazione del tutto diversa.

Nel 1995 venne prodotto il film di successo “Planet of the Apes” che narra la vicenda di un pianeta governato da scimmie molto intelligenti che stavolta trattano gli umani come loro trattano gli animali. Il messaggio del film è una sorta di lezione-rivalsa, volta a far riflettere sul pericolo insito nell’intendere la mala scienza come uno strumento dotato di un potere illimitato quanto terribilmente distruttivo e nefasto, quando invece dovrebbe avere l’obiettivo di preservare la Natura nella sua essenza, senza depauperarla della sua preziosa ricchezza, unicità e varietà, migliorando certamente la qualità della nostra vita, pensando nel contempo al benessere da estendere anche a tutte le altre creature che condividono con noi la breve l’esistenza su questa Terra.

Evidentemente questo concetto non è ancora entrato nelle menti dei vivisettori che insistono nell’utilizzare gli animali come strumenti, senza alcuno scrupolo morale, arrivano a condurre esperimenti, non meno mostruosi di quelli di un lontano passato, mostrandoli al mondo, come un valore aggiunto alla scienza medica. È il caso recente la maialina Gertrude (nella foto), ennesima cavia della vivisezione, a cui è stato impiantato nel cervello un microcip che la induce a muoversi, mangiare senza che se ne renda conto, stimolandole degli impulsi dall’esterno a comando. L’hanno clamorosamente presentata come una possibile tecnologia d’avanguardia, verso la creazione di un corpo robotico utile per potenziali progressi in medicina, da trasferire poi sull’uomo. Allora in sostanza nulla è cambiato.

Frankestein è ancora con noi o forse è meglio dire in noi?