La Direttiva 2010/63/Ue ha favorito la diminuzione degli animali usati nella ricerca, in Italia come in molti altri Stati. Ma uno studio pubblicato su Bmj Open Science dimostra che si potrebbe fare di più: i dati raccontano che il numero degli animali sacrificati non si riflette nel numero di articoli scientifici pubblicati: in tre dipartimenti dello University Medical Center Utrecht (Umcu), nei Paesi Bassi, la maggior parte degli animali utilizzati nella sperimentazione nel biennio 2008-2009 non sono stati considerati negli articoli scientifici pubblicati in seguito. Gli autori credono che questo succeda anche in altre istituzioni e in altri Paesi. Perché accade e come si può migliorare questa situazione?
SE I CONTI NON TORNANO… Il progresso scientifico si basa sulla sperimentazione. È il metodo scientifico: si osserva un fenomeno, ci si pone delle domande, quindi si formula un’ipotesi che lo spieghi. Per verificare l’ipotesi scaturita si progetta un esperimento, se ne definiscono con attenzione i protocolli per assicurarne la riproducibilità, si conducono le analisi, si raccolgono i risultati che vengono quindi interpretati per giungere a una conclusione. Tutto questo non rimane tra le mura del laboratorio ma viene pubblicato sulle riviste scientifiche, affinché altri ricercatori possano usare queste informazioni per i propri studi. Purtroppo non sempre si raggiunge questa fase finale. Se non condiviso, il lavoro svolto diventa uno spreco di tempo, energie e denaro.
Nella ricerca biomedica, però, si può trasformare anche nel sacrificio inutile di esseri viventi. Gli autori dell’articolo pubblicato su Bmj Open Science hanno selezionato i protocolli per studi su animali approvati dal University Medical Center Utrecht nel 2008 e 2009 per capire quanti avessero portato a dati scientifici pubblicabili entro 7 anni, un intervallo di tempo ragionevole per l’eventuale sviluppo della ricerca, ossia il follow up.
I risultati sono stati amari: il 60% di tutti i protocolli ha portato, alla fine, a non più di una pubblicazione. In questi studi è stato utilizzato un totale di 5.590 animali e solo il 26% è stato riportato nelle pubblicazioni trovate.
QUANDO I MORTI NON SI CONTANO… Perché i risultati di alcuni studi non vengono pubblicati? A volte sono reputati poco interessanti, altre i dati non sono significativi statisticamente o fanno parte di un progetto pilota. Può anche capitare che ci siano problemi tecnici con i modelli animali. Nel mondo della ricerca spesso si evita di condividere i fallimenti, un pregiudizio (bias) che influenza gli autori così come i referee, coloro che controllano e revisionano i lavori prima della pubblicazione. Condividere i propri protocolli e risultati in ogni caso, invece, permetterebbe di evitare di inciampare negli stessi errori, e di non ripetere sbagli che qualcuno ha già commesso.
Fonte: → sapereambiente.it
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