Mentre in Spagna il progetto della Fondazione Orso Bruno sta giungendo alla fine della seconda fase che ha visto un’area povera di piantagioni venire trasformata in una risorsa alimentare per l’orso cantabrico, grazie alla piantumazione di meli, ciliegi e castagni locali, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) sembra che nulla cambi. È già passato un anno da quando venne ammazzata l’orsa Amarena, simbolo di pacifica convivenza con la nostra specie ma sembra solo ieri e ancora si respira l’odore di una morte che si poteva e si doveva evitare. Proprio in questi giorni il PNALM si presenta sui mass media nella veste di eroe, salvatore dei due cuccioli rimasti orfani mentre sappiamo che la verità è ben lontana dalle parole del direttore del Parco, Luciano Sammarone che all’interno dell’articolo ricorda la morte di Amarena senza sottolineare, come sarebbe doveroso fare, la tragedia insita nell’evento, un animalicidio barbaro e volontario comminato ai danni dell’orsa. Sembra quasi che il Parco preferisca non rimembrare un episodio che avrebbe dovuto cambiare ogni strategia all’interno del territorio, che avrebbe dovuto far comprendere come le cose non funzionino ma che nei fatti, ha lasciato le cose com’erano. La mancanza sul territorio di corridoi ecologici adeguati, di cassonetti anti orso in sostituzione di quelli normali ancora presenti in diverse aree, la chiusura più attenta di alcuni sentieri nei periodi sensibili (presenza di orse con cuccioli), la posa di apiari e pollai adeguati, in grado di resistere all’attacco del plantigrado sono una parte di ciò che abbisogna il territorio per potersi considerare davvero in grado di tutelare il Marsicano.
La morte di Amarena, l’investimento e il decesso di Juan Carrito e altri incidenti accaduti ai Marsicani hanno posto la sottospecie all’attenzione pubblica, più di quanto non lo fosse già. Ma il rischio di estinzione degli orsi della Marsica rimane tutt’ora perché sino a quando non cambieremo la nostra cultura, comprendendo che il mondo selvatico deve poter avere un proprio spazio, sino a quando non comprenderemo che non possiamo prescindere dalla biodiversità, che si presenti sotto forma di un inerme (nemmeno tanto, a quanto pare) capriolo, di una minuscola e pur pericolosa zecca, di una nutria o di un lupo, finanche di un animale possente ed “ingombrante” come l’orso, sino a quando non capiremo che la vita nel mondo naturale è pericolosa e questa pericolosità va accettata, non potremo sperare di convivere con una specie diversa dalla nostra.
Paradossalmente, mentre siamo bravi a condannare animali di specie diversa dalla nostra per il solo fatto che si difendono o predano per sfamare sé stessi ed i propri familiari, siamo altrettanto bravi ad accettare (salvo lamentarci inutilmente) le azioni che compiamo quotidianamente come specie e che dimostrano come l’evoluzione che ci ha portati a realizzare opere maestose in ogni ambito è accompagnata da una crudeltà sempre maggiore anche nei confronti dei nostri simili e parenti.
La convivenza con gli orsi e con le altre specie animali comincia da una cultura adeguata da parte di tutti, una cultura fatta di accettazione del diverso, accettazione del rischio di incontro e di scontro con l’altro, di comprensione delle altrui culture, comprensione dei comportamenti non umani e tanta, tanta umiltà che ci aiuti a capire che non siamo la specie eletta che crediamo di essere, non siamo una specie superiore alle altre e che ogni altra sul pianeta ha un ruolo ben definito ed importante per gli equilibri naturali.
Partendo da questi presupposti il PNALM e la popolazione residente nonché i turisti devono rendersi conto che la convivenza con l’orso è possibile. Ma per fare ciò l’ente pubblico deve saper tutelare la sottospecie del Marsicano nel modo adeguato, combattendo il bracconaggio, prendendo una dura e precisa posizione verso chi disturba e uccide il plantigrado, guardando con occhio benevolo chi contribuisce alla sopravvivenza dei cuccioli (anziché denigrare). Nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (e non solo, basta pensare al Trentino dove vivono e vengono ufficialmente e regolarmente uccisi orsi senza che ve ne sia la necessità ) c’è ancora molto, troppo lavoro da fare. La speranza è che la gestione del PNALM venga affidata a chi davvero intende tutelare il plantigrado e intende costruire un modo nuovo di convivere con la sottospecie, cominciando (sarebbe ora!) a creare una corretta cultura nella popolazione e a pretendere di più da quegli enti che l’orso devono proteggerlo anziché sperperare i ricchi contributi che la Comunità Europea fornisce in progetti fini solo a sé stessi.
Non possiamo dimenticare, per quanto possa sembrare brutto scriverne che mentre la morte di un essere umano risulta una tragedia che coinvolge un numero limitato di persone, quella di un animale che appartiene ad una specie apicale è una tragedia ambientale di proporzioni enormi, che ha ripercussioni spesso incalcolabili. Se possiamo esistere e respirare sul pianeta è grazie alle interazioni di flora e fauna selvatica, ai loro equilibri, alle dinamiche esistenti negli habitat naturali. Basterebbe soltanto questo pensiero ad insegnarci che dobbiamo rispettare ogni altra specie; soltanto questo pensiero.
Cristiano Fant Operatore Esperto in Etologia Relazionale Responsabile LEAL Fauna Selvatica
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