Pubblichiamo il testo una nostra sostenitrice ci ha inviato, corredato da un suo disegno, per ribadire il suo NO al circo con animali. Siamo gratificati di vedere che l’opera di sensibilizzazione che portiamo avanti a tutti i livelli con impegno sia arrivata anche nelle scuole di tutti e gradi e che gli adolescenti si sentano coinvolti e impegnati per la causa.
LA MIA VITA AL CIRCO
Testo e disegno di Chiara Banchetti
Una sottile lama di luce penetra nel tendone e arriva alla mia gabbia, destandomi e interrompendo quella che ormai è la parte migliore della mia giornata, la notte e il sogno della vita libera e selvaggia nella foresta, prima della cattura.Mi ricordo quando, ancora cucciolo, passavo tutte le giornate nel folto della vegetazione, riposando e aspettando il crepuscolo e la notte per poter cacciare le prede. Noi tigri cacciamo così: ci accostiamo alla preda con passi silenziosi e, all’improvviso, l’assaliamo, spaventandola con il nostro energico e forte ruggito. Ora vivo in cattività, in un circo, in una gabbia di pochi metri quadrati e vengo nutrito dall’uomo. Certo non mi devo più preoccupare di procurarmi il cibo da solo, non devo stare sveglio ore ed ore ad aspettare la preda; ma cosa è questo in confronto alla libertà perduta e alla gioia di poter correre selvaggio su praterie infinite? Sono stato privato della mia natura, cacciavo e nascondevo la preda per nutrirmi il giorno dopo; non era facile, ma ero sempre sazio, mentre adesso non mi danno neanche un quarto del cibo che mangiavo prima. Sono sempre affamato, le mie costole diventano sempre più sporgenti e i miei denti sempre più deboli. Sento delle voci, grida e risate di bambini spensierati. Gli spettatori stanno arrivando e si avviano eccitati ai loro posti mentre i clown gridano : “Venghino Signori, venghino, che lo spettacolo del circo sta per iniziare”.
Mi giro nella mia angusta gabbia e mi trovo quasi faccia a faccia con l’elefante nella stretta gabbia accanto. Che strano vederlo da solo! Quando ero libero vedevo branchi di elefanti che vivevano in comunità; erano continuamente alla ricerca di acqua e di cibo.Quando si spostavano, si mettevano in fila e ognuno teneva con la proboscide la coda dell’elefante davanti, per sentirsi al sicuro. L’elefante del circo, invece, spesso si tocca da solo la coda con la proboscide, forse per illudersi di avere qualcuno vicino, oppure dondola inconsolabile la testa per ore e ore. Durante lo spettacolo il pachiderma è costretto a sfilare mestamente davanti agli spettatori che urlano sorpresi per la sua maestosità. Deve poi sedersi in maniera innaturale, imitando l’uomo, sotto la minaccia dello schiocco della frusta e del bastone. L’elefante, non abituato al lungo inverno europeo, sopporta male il freddo; è inoltre l’animale che più soffre i disagi creati dai continui ed estenuanti spostamenti nei malmessi carri da trasporto. Sento la musica intensificarsi: tra le grida, la gioia dei bambini e i fragorosi applausi degli spettatori il grande spettacolo del circo sta iniziando.
Giocolieri, illusionisti ed equilibristi si alternano sulla pista mentre i pagliacci fanno ridere grandi e piccini. Tutto intorno luci abbaglianti e colorate, musiche allegre e ritmate. Il pubblico si diverte e spensierato assiste allo spettacolo di ballerine scintillanti e trapezisti che volteggiano in alto.E’ il turno dell’orso. Riesco ad intravederlo da una fessura nel tendone. E’ ridicolo così vestito da ballerina e addobbato per nascondere il collare e la grossa catena che lo legano. Porta una museruola di ferro e ha lo sguardo perso nel vuoto. Il domatore lo costringe a compiere movimenti innaturali per la sua specie e ad alzarsi e ballare in equilibrio sulle zampe posteriori.Da giovane ha impiegato mesi per imparare questo numero e l’addestratore ha fatto ricorso a piastre e pungoli elettrici per fargli alzare alternativamente le zampe. Adesso si muove come un automa tra applausi incessanti. L’orso soffre molto la calura estiva, essendo il suo habitat naturale la montagna. Invece che tra prati e boschi sconfinati anche lui vive in una gabbia di pochi metri quadrati che percorre centinaia di volte al giorno avanti e indietro, incessantemente.
Così come per l’orso, anche per tutti gli altri animali del circo l’addestramento inizia fin da cuccioli con lo scopo di condizionare la nostra volontà da subito. Purtroppo impariamo ben presto che l’uomo è il padrone da temere, poiché da lui dipende la nostra sopravvivenza e il cibo. Se rinunciamo alla nostra vera natura e alla nostra volontà, otteniamo la sua approvazione e veniamo premiati, altrimenti riceviamo punizioni e violenza.Sento dei rumori. Improvvisamente si apre la gabbia, si scosta il tendone, luce accecante. Ho paura, il domatore con quella solita lunghissima e dolorosa frusta, il rigido bastone, il pubblico applaude. All’improvviso fisso lo sguardo su quel terribile cerchio di fuoco attraverso il quale dovrò saltare. Lo posso superare, io posso farcela, mi alleno tutti i giorni per questo e non posso deludere tutti questi spettatori e il domatore. Al suo cenno prendo la rincorsa, un lunghissimo slancio, zampe tese, trattengo il fiato, ce l’ho fatta! Uno scroscio di applausi e di grida felici. Se solo si rendessero conto che il loro divertimento è la nostra sofferenza! Noi animali non siamo giocattoli per gli uomini, ma abbiamo una nostra dignità e meritiamo amore, cure e rispetto.
Siamo nati per vivere in libertà nella nostra terra d’origine secondo la nostra natura e non meritiamo questa vita di stenti, maltrattamenti e umiliazione.
Nota: ho tratto informazioni dal web riguardo allo sfruttamento degli animali nel circo, specialmente negli anni passati, quando ancora non c’erano leggi a tutela degli animali. Faccio riferimento ad una tigre catturata da giovane solo ai fini del racconto; in realtà tutti gli animali che vivono nel circo dovrebbero essere nati e cresciuti in cattività essendo il commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione vietato dalla Convenzione di Washington del 1973.