Al Sindaco della Città di Arezzo avv. Giuseppe Fanfani.
Dalla lettura di giornali locali che riportano il programma di Icastica veniamo a conoscenza della presenza tra gli artisti espositori di Damien Hirst. Hirst è conosciuto per opere e performance di cui fanno le spese gli animali. Non ci esprimiamo sul valore delle opere, anche se ricordiamo che la carriera di Hirst è stata dichiarata dai critici in parabola discendente, ma ci esprimiamo sul valore etico o morale di tali creazioni che risultano anche profondamente diseducative per le nuove generazioni.
Ricordiamo brevemente alcune sue installazioni:
1) Uno squalo tigre di 4 metri di lunghezza immerso nella formaldeide. Lo squalo è stato catturato in natura dietro richiesta dello stesso Hirst appositamente per la creazione dell’opera.
2) Nel 2012 alla Tate Modern Gallery di Londra ha usato farfalle chiuse in due stanze senza finestre. I lepidotteri hanno mangiato, vissuto e sono morti nello spazio angusto dove venivano ferite a morte o uccise dai visitatori che se le scrollavano di dosso e gli camminavano sopra. Ogni settimana gli animali morti venivano sostituiti con altri.
La Tate Gallery ha stabilito che 9.000 lepidotteri siano morte durante l’esposizione dell’opera, altre stime fanno salire fino a 20.000 questo numero. Gli animali utilizzati appartenevano a due specie tropicali, che in natura vivono fino a 9 mesi, mentre nell’esibizione sono durate pochi giorni, a volte solo poche ore.
3) Una mucca e un vitello tagliati a metà esposti in vasche di vetro piene di formaldeide.
4) Una testa di animale esposta in una teca all’interno della quale si svolge il ciclo vitale di mosche e mosconi che nascono e vivono cibandosi della carne in putrefazione, prima dell’inevitabile morte.
5) Una tela interamente ricoperta di migliaia di ali di farfalle.
6) Una bicicletta decorata di ali di farfalle, strappate dai corpi dei lepidotteri da Hirst e dai suoi collaboratori, che fu regalata al ciclista Lance Amstrong, poi al centro di uno scandalo per doping.
La PETA (People for the Ethical Treatment oif Animals) ha definito le sue opere: “sadiche, barbare e raccapriccianti”.
La Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA), la più grande organizzazione per la protezione degli animali del regno Unito, è insorta contro l’uso degli animali messi in atto da Hirst, oltre ad altre associazioni.
Le sue opere scandalizzano i visitatori, i critici e coloro che amano gli animali oltre che i difensori dei loro diritti. Fenomeni artistici di questo genere sembrano richiamarsi all’arte degli imbalsamatori, o al feticismo, più che a movimenti artistici degni di nota e non sono certo paragonabili alle proposte di coloro che cercano di fare arte vera. Le critiche fatte dagli addetti ai lavori a Hirst sono molteplici, ricordiamo solo la dichiarazione di Julian Spalding che in una intervista per La Repubblica del 4 aprile 2012, non esita, tra le altre cose, a dichiarare: “È un artista fallito che si è preso la sua rivincita con l’ arte. Hirst non ha creato nulla che sia arte in sé. Lo è solo nella mente della gente. Hirst è un imprenditore.” E da buon imprenditore di se stesso sembra che Hirst sia “l’artista” attualmente più ricco al mondo.
Damien Hirst stesso dichiara che “l’intento dell’opera non è spaventare ma obbligare lo spettatore a stare di fronte ad un’immagine convincente di ciò che normalmente non ha il coraggio di guardare.”
Per assurdo allora chiediamo che, provocatoriamente, invece di animali, o pezzi di animali in putrefazione, siano esposti pezzi di corpi umani provenienti da vittime di serial killer! Questo sarebbe davvero qualcosa che normalmente non si ha il coraggio di guardare, nonchè motivo di riflessione. L’Unione Europea ha riconosciuto gli animali quali esseri senzienti (art. 13 Trattato Comm. EU). Quindi devono essere trattati con il rispetto dovuto ad ogni forma di vita e non come “cose”. Usare gli animali per uno scopo economico o di celebrità è metodo che ci ripugna in quanto non rispettoso nei loro confronti. Non ci scandalizziamo per un corpo già privo di vita ma ci indigniamo per la mancanza di rispetto che viene evidenziata. Uccidere animali o sacrificarli per cosiddette “opere d’arte” messe in atto allo scopo di richiamare attenzione non ha, e non può avere, nessuna giustificazione artistica. E’, e rimane, un atteggiamento diseducativo non rispettoso della “VITA”.
Esprimiamo quindi il nostro totale disaccordo con la decisione di esporre opere di questo genere.
Insieme ai nostri associati, e non, ci sentiamo profondamente indignati e addolorati da questa scelta che non tiene conto del “sentire” della maggior parte della popolazione che rispetta la vita degli animali e che si impegna per il loro benessere, e non solo. Mettiamo anche in evidenza la contraddittorietà che esiste nell’ospitare le opere di Hirst in una città dove recentemente è stato approvato un “Regolamento Comunale di Tutela e Benessere animali” all’avanguardia, che è già stato riproposto in altre città e alla messa a punto del quale hanno lavorato per più di un anno le associazioni animaliste presenti in città. Forse l’assessore Pasquale Macrì non è a conoscenza del regolamento approvato, o forse non ha creduto opportuno tenerne conto, ma questo comportamento denota una imperdonabile lontananza dal tessuto sociale a cui deve fare riferimento in quanto assessore del Comune di Arezzo. O forse questa è solo una manovra pubblicitaria di che ha lo scopo di attirare l’attenzione sulla mostra Icastica.
Ma come abitanti della Città di Arezzo e come “figli” dell’Arte di Piero Della Francesca non possiamo dare il nostro beneplacito a tali manovre pubblicitarie e non possiamo che denunciare il basso livello culturale dimostrato nella scelta di esporre opere di questo genere. Arezzo non ha bisogno di queste trovate pubblicitarie, l’arte che si respira in ogni dove è ad un livello superiore e siamo in possesso di un patrimonio artistico che aspetta solo di essere valorizzato.
Siamo perfettamente consapevoli che le nostre critiche servono solo a conquistare pagine di giornali, ma facciamo notare che una mostra simile non contribuisce ad elevare il panorama artistico e culturale. Economicamente parlando, crediamo che sarebbe stato più produttivo impiegare i fondi del Comune, e degli sponsor, in altri modi. Le cifre risparmiate avrebbero potuto essere impiegate in una campagna pubblicitaria destinata a richiamare un flusso di turisti costante in città. Sarebbe stato sicuramente un intervento più qualificante che puntare sul turismo mordi-e-fuggi facendo leva sulla curiosità di visitatori, una parte dei quali, dopo essere arrivati e ripartiti nella stessa giornata, conserveranno come ricordo della nostra città la visione di un corpo in via di putrefazione. Per i motivi sopra accennati chiediamo le dimissioni dell’assessore alla cultura Pasquale Macrì.
Ci auguriamo che in futuro il Comune di Arezzo non permetta che nella nostra città possano trovare asilo esposizioni come questa da noi contestata, che non arricchiscono in nessun modo il panorama culturale della città ma lo impoveriscono in ogni senso.