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Per non dimenticare…MAI.

Nov 5, 2014 | LEAL informa

Tra alcuni cagnolini randagi venne “scelta” lei, Kudrjavka era il suo vero nome, perchè era la più mite. Laika…, la bastardina arruolata dagli accalappiacani di Kruscev nei vicoli di Mosca per essere la prima creatura vivente spedita in orbita, non morì di morte indolore nello spazio dopo una settimana di orbite inscatolata nel minuscolo Sputnik, come la propaganda ci raccontò allora, ma ebbe una morte orrenda e struggente poche ore dopo il lancio. 
Forse il suo cuore di cane fu schiantato dal panico e dalla solitudine incomprensibile.
Per alcuni protagonisti del progetto, Laika, invece, sarebbe morta, quasi subito, per l’alta temperatura , all’interno della capsula, non essendo stato ideato un sistema per la regolazione del calore.
Oggi abbiamo un racconto preciso e dettagliato di quanto accadde nei laboratori russi, racconto rilasciato nell’anno 2002 dal dott. Dimitri Malashenkov, dell’Institute for Problems di Mosca.
Laika aveva, dice ora lo scienziato russo, una tendenza a soffrire di panico, pare che il suo cuore impiegasse più tempo, rispetto alle compagne, per ritornare a frequenze cardiache nella norma.
Laika aveva comunque una caratteristica che fece pendere su di lei la scelta finale: la sua mitezza.
Lo sputnik era una sonda alta appena m. 3,97 e con una base circolare del diametro di m 2,13. La cabina di Laika, posta alla base, era solo un terzo dello spazio disponibile, spazio che le permetteva di mantenersi solamente appena sdraiata o, al massimo, sollevata sulle zampe; la cabina conteneva inoltre tutta l’attrezzatura (veramente ridicola se paragonata a quella in uso oggi) per mantenere in vita l’animale (un ventilatore, un distributore di cibo, un assorbi-anidride carbonica e vapori, un termostato, un generatore d’ossigeno). Lo spazio angusto e le “spartane” condizioni, comportavano l’utilizzo di un cane molto tranquillo.
Per tutto il tempo dell’addestramento i cani vennero pian piano abituati a vivere in spazi sempre più angusti, legati a catene sempre più corte. Furono addestrati inoltre, per 3 settimane, a cibarsi di una speciale gelatina, unico cibo concesso, filtrato attraverso un beccuccio; il cibo caricato a bordo sarebbe bastato per un periodo molto limitato, l’animale infine prescelto, Laika, era destinata a morire, in un modo o nell’altro, prima del termine della missione.
Nulla fu dato al caso e tutti e tre i cani fecero la loro “parte”: Mushka (giudicata la più intelligente) fu colei che testò gli strumenti, Albina venne lanciata due volte (e recuperata per mezzo di un paracadute) per testare le risposte al decollo.
Quel 3 Novembre 1957 Laika, con in dosso una tuta munita di sensori per oscultarne il battito cardiaco e le funzioni vitali, partì per lo spazio, dalla base di Baikonur (base che verrà usata centinaia di altre volte ancora, fino ad oggi).
Qui la storia di Laika si tinge di giallo: le versioni su quando e come avvenne la fine di Laika sono le più svariate, l’ultima ci parla di un cane che, appena accesi i motori dello Sputnik 2, entrò nel panico, di una situazione psico-fisica disastrosa, di una fine che sopraggiunse molto rapidamente, dopo appena 4 orbite.
Il dott. Malashenkov racconta come, raggiunta la velocità orbitale stabilita, il ventilatore si guastò e la temperatura iniziò a salire, specie quando la capsula si trovava in posizione da ricevere i raggi del sole in modo diretto; il cuore pareva impazzito e poi, in assenza di gravità, iniziò a fibrillare; un’agonia durata cinque ore. Mai nulla di tutto questo fu rivelato, il regime russo aveva sbaragliato gli Stati Uniti nella corsa allo spazio, lui a mandare il primo essere vivente, disposto a subire le critiche di animalisti e cittadini indignati per la crudeltà inferta a quel povero cane ma non disponibile a far trapelare l’insuccesso parziale dell’esperimento: Laika moriva perché così era stato decretato, non perché qualcosa era andato come non previsto.
Laika vagò cadavere nello spazio per 6 mesi, il suo corpo effettuò 2.570 orbite, fino all’8 aprile 1958 quando rientrò in atmosfera, incendiandosi.
Solo di recente, Oleg Gazenko, uno dei superstiti ricercatori che partecipò al tirocinio di Laika, ha fatto una pubblica ammissione di pentimento: «Più tempo passa e più mi rammarico per la nostra scelta. Non era proprio necessaria. Da quella missione non abbiamo imparato tanto da giustificare la tragica fine di quel cane».
tratto da http://www.margheritacampaniolo.it/laika.htm
Laika era una cagnetta randagia, sacrificata alla scienza 50 anni fa. Come lei, altri animali hanno avuto la stessa sorte fino agli anni 60, quando finalmente si ebbero i primi rientri di Belka e Strelka. Il ricordo della “ cosmonauta” si collega, ancora oggi, alla sua terribile fine e ci fa riflettere su un tema molto dibattuto, ancora oggi, che riguarda l’utilizzo degli animali nelle diverse sperimentazioni.
VIDEO https://www.youtube.com/watch?v=WMa8gwCMQds

I RETROSCENA POLITICI

– Stando ai documenti resi pubblici dopo il crollo dell’Urss, il lancio di Laika fu un affrettato fuori programma. Galvanizzato dal successo, il presidente Nikita Kruscev chiese al capo dei programmi spaziali Sergei Korolev di anticipare a qualunque costo il volo orbitale di una cagnetta, previsto per i mesi successivi, in modo da farlo coincidere con il 40.mo anniversario della rivoluzione d’ottobre (7 novembre 1917). «Le procedure consuete dell’ingegneria spaziale furono accantonate – racconta Boris Chertok, il braccio destro di Korolev -. Non ci fu tempo nemmeno di stendere il progetto. La capsula fu costruita in officina sulla base di disegni improvvisati».
Lo Sputnik 2 era una capsula a forma di cono, 4 metri di altezza per 2 metri di base, del peso di 500 kg, che sarebbe stata collocata in cima a uno dei missili balistici intercontinentali più potenti dell’epoca, l’R-7. L’abitacolo era dotato di atmosfera artificiale pressurizzata, impianto termoregolatore, e apparati di trasmissione dei parametri vitali della cagnetta. In un certo senso confortevole, ma assolutamente privo di un sistema di recupero: una volta compiuta la sua missione orbitale, era destinato a bruciare nell’atmosfera come una meteora.
Resta aperto il contenzioso se si trattò di un indispensabile esperimento per aprire all’uomo la via dello spazio, oppure di un’inutile ed esibizionistica crudeltà. Appena un mese prima, il 4 ottobre 1957, l’ex Unione Sovietica aveva sbalordito il mondo collocando in orbita lo Sputnik 1, il primo satellite artificiale, dimostrando un’insospettata supremazia rispetto agli Stati Uniti nella corsa allo spazio.

Lettera a Laika (di Valentina Rubini nostra amica, volontaria LEAL)

http://www.kontrokultura.it/lettera-laika-non-dimenticare-cagnolina-scomparsa-nelle-stelle/#