Ad ogni botto esplode la paura! Come aiutare al meglio i nostri amici a 4 zampe?

Ad ogni botto esplode la paura! Come aiutare al meglio i nostri amici a 4 zampe?

Articolo a firma di Francesca Di Biase estratto dall’ultimo numero della nostra rivista “La Voce dei Senza Voce” n. 116 inverno 2019 con i contributi di: Gian Marco Prampolini, Mirta Baiamonte, Francesca Di Biase, Piero M. Bianchi, Giustina De Rosa, Giusi Terrazzino, Stefania Sbarra, Domenico Marrulli, Elvira Giancaterino, Silvia Premoli. Buona lettura.
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Francesca Di Biase
Educatore e formatore cinofilo
ABC Dog Team www.abcdogteam.it

Se è vero che con l’avvicinarsi delle feste natalizie le strade e i negozi si riempiono di lucine colorate e addobbi per creare l’atmosfera giusta che riempie il cuore di calore, è anche vero che vicoli, piazzette e aree verdi si popolano invece di giovani che si divertono con i botti, che il cuore lo fanno riempire sì, ma di paura! Altro che pace per i nostri amici pelosi, il cui udito è sviluppato fino a quattro volte in più rispetto al nostro.

Per la grande maggioranza di loro, si avvicinano i giorni del terrore, di occhi spalancati, di code tra le zampe e di passeggiate veloci in preda al panico. In questo periodo, possiamo aiutarli a sostenere queste esplosioni inaspettate e, con qualche piccolo accorgimento, possiamo diventare per loro un valido supporto, in attesa del Capodanno in città. Eccone qualcuno.
• Scegliamo le ore del mattino per le passeggiate più lunghe con i nostri cani: solitamente i ragazzi sono a scuola o al lavoro e noi possiamo camminare tra giardinetti e marciapiedi in tutta tranquillità. Se possiamo, evitiamo le ore di primo e tardo pomeriggio: essendo quelle più gettonate per i raduni degli adolescenti, ci si potrebbe imbattere in scoppi di petardi. Per camminare più serenamente sfruttiamo l’ora di cena approfittando del fatto che la maggior parte delle persone è già tornata a casa.
• Optiamo per le aree cani recintate per le corse in libertà del nostro amico peloso, ma teniamolo sempre d’occhio perché nonostante il cancelletto d’accesso chiuso, non è detto che a seguito di un’esplosione improvvisa, non tenti la fuga per cercare un posto sicuro in cui rintanarsi. Evitando di liberarlo in spazi aperti non rischiamo che, in caso di paura, possa scappare correndo in strada, perdendosi o mettendo a repentaglio la sua vita e quella degli automobilisti.
• Nonostante il nostro cane sia già munito di microchip, mettiamo per precauzione e in aggiunta alla pettorina, un collare con targhetta identificativa che riporti il nostro numero di telefono. Potrebbe capitare che, spaventato, riesca a sfilarsi la pettorina per fuggire. In questo modo potrebbe essere messo in salvo dai passanti che, con questo piccolo espediente, ci potrebbero contattare subito per raggiungerlo e rimetterlo al sicuro.
• Se in casa, dopo uno scoppio, il nostro cane va a nascondersi sotto i mobili, cerchiamo di non impedirglielo, di non trascinarlo fuori da quella che per lui è una tana sicura e di non parlargli con insistenza o con modi impietositi. Andiamo pure a curiosare dov’è, ma per richiamarlo a noi usiamo toni scherzosi: “Dai vieni qua, non succede niente!”; mostriamogli che ci siamo accorti della sua preoccupazione per poi tornare a ciò che stavamo facendo. Sarà il nostro cane a scegliere di venirci vicino. In questo caso, accettiamo il suo gesto con piacere e restiamogli accanto perché quello sarà il suo modo per chiederci aiuto e per farsi forza nell’affrontare una difficoltà, auto-rassicurandosi. Gli faremo capire che siamo lì per lui e che la paura la possiamo affrontare stando insieme.
• Per prepararlo meglio a questo particolare periodo dell’anno, quando siamo in casa, attiviamo nello smartphone audio di fuochi d’artificio, a volume basso. Nel mentre, facciamo insieme al nostro cane un’attività molto piacevole come giocare con delle palline o ricercare biscottini prelibati nascosti. Quando le reazioni di preoccupazione diminuiscono, alziamo il volume in modo graduale fino ad udirlo chiaramente, continuando a giocare. Di giorno in giorno, possiamo notare che il nostro cane, abituandosi a tali rumori, è meno irrequieto in casa pur sentendo esplodere dei botti in lontananza. Mancando le vibrazioni dello scoppio reale, l’odore del materiale nell’aria nonché l’effetto sorpresa, non è certo la stessa cosa di essere per strada, ma per lo meno nell’ambiente domestico è per lui un grande aiuto.
• Se festeggiamo il Capodanno in casa, insieme anche al nostro cane, teniamo chiuse tutte le tapparelle e le finestre, teniamo accesa la radio o la tv ad un volume un po’ più alto rispetto al solito, così da coprire il chiasso che ci sarà all’esterno prima e dopo la mezzanotte. Per il nostro cane è come se fuori si stesse scatenando una guerra infinita. Stiamogli accanto se ci vuole vicini, ma non accentuiamo il suo stato d’animo con il nostro fare ansioso dettato dall’impotenza di non poter fare realmente qualcosa per lui. Con la preoccupazione e la paura, manifesterà quasi certamente anche una respirazione affannata, occhi spalancati e tremori più o meno intensi. Se dovesse essere esageratamente agitato nei giorni maggiormente interessati dai botti, chiediamo un parere al nostro Veterinario, potrebbe consigliarci un calmante (ce ne sono anche di naturali in commercio) per aiutarlo a sostenere meglio la situazione.
• Se invece festeggiamo il Capodanno fuori casa, senza il nostro cane, non lasciamolo da solo in giardino per evitare che possa cercare altrove un riparo più sicuro durante le esplosioni, magari scavalcando la cancellata, rischiando la vita o smarrendosi chissà dove. Lasciamolo in casa, con gli accorgimenti suggeriti sopra. Ci farà danni provocati dalla paura? Può darsi. E in questo caso, non dovremo certo sgridarlo. Come potremmo spiegare al nostro cane che, mentre fuori si scatena il finimondo, noi staremo via solo qualche ora per festeggiare con gli amici? Non possiamo. Quindi dovremo accettare le possibili conseguenze delle sue azioni inconsapevoli, altrimenti, non solo sarebbe egoistica la scelta di lasciarlo solo ad affrontare una notte di terrore per andare a una festa, ma saremmo anche insensibili nei suoi confronti andando a punirlo su qualcosa che ha fatto quando non stava affatto bene emotivamente. E questo, certo non se lo meriterebbe. Prendersi cura di un cane significa anche scegliere la migliore soluzione per farlo stare bene, con responsabilità. È più corretto assicurarsi per tempo che una persona di fiducia (un parente, un dog sitter o un amico) possa restare a casa con lui prendendosene cura e fornendogli le giuste indicazioni su come comportarsi durante la serata/nottata, in attesa del nostro rientro.
Sperando il nuovo anno porti all’uomo una maggiore consapevolezza, rispetto e tutela verso gli animali che, su questa Terra festeggiano la vita ogni giorno, non possiamo fare altro che continuare a diffondere messaggi di sensibilizzazione con ogni mezzo possibile, per ribadire un forte “NO AI BOTTI!”. E se, insieme al countdown, al bacio della mezzanotte e ai buoni propositi, tenessimo spenti davvero i fuochi d’artificio per accendere le nostre coscienze?

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È online l’ultimo numero della nostra rivista “La Voce dei Senza Voce” n. 116 inverno 2019 con i contributi di: Gian Marco Prampolini, Mirta Baiamonte, Francesca Di Biase, Piero M. Bianchi, Giustina De Rosa, Giusi Terrazzino, Stefania Sbarra, Domenico Marrulli, Elvira Giancaterino, Silvia Premoli. Buona lettura.
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L’editoriale di Gian Marco Prampolini
Presidente LEAL

Cari sostenitori,
Questo 2019 è stato caratterizzato dall’arroganza dei vivisettori con i loro esperimenti barbari e inutili, ammesso che ve ne siano mai stati di utili, insieme all’ostinata caccia all’orso M49, per fortuna non ancora catturato e al quale auguriamo un grosso in bocca al lupo (…evviva il lupo!) che ci hanno reso ancora più agguerriti contro la stupidità umana.
Ci tengo però a sottolineare altri due aspetti importanti. Il primo è che sono fiero di rappresentare un’associazione che mira sempre più a far rispettare i diritti degli animali, coerente, trasparente e con sempre di più persone tra le nostre fila capaci di rafforzare e diffondere le nostre lotte. In seconda battuta, invece, il cuore pulsante di questa nostra e vostra LEAL che, nel limite del possibile, aiuta concretamente chi si adopera per salvare gli animali da terribili situazioni.
Il 2020, quindi, sarà un trampolino di lancio per importanti campagne antivivisezioniste ed altre iniziative che al momento non vi svelo per scaramanzia.
Concludo queste poche righe con la certezza che potremmo fare di più per loro. Chi mi conosce lo sa, aspetto molti nuovi tesseramenti attraverso la nostra nuova proposta “regala un abbonamento”: un regalo etico e di qualità!
Non può mancare un appello mio e di LEAL per ricordare che regalare una nuova vita ad un animale è possibile con una adozione consapevole da un rifugio. Alle adozioni di animali abbandonati abbiamo voluto dedicare la copertina di questo numero del giornale. Con l’occasione ringrazio l’amica, fotografa e giornalista Silvia Amodio nota per il suo impegno sociale e animalista, autrice della nostra copertina. Lo scatto fa parte di “Alimenta l’Amore”, una campagna di Coop Lombardia che consiste in una raccolta permanente di cibo in molti punti vendita della Regione. In quattro anni sono stati raccolti e distribuiti un milione di pasti agli animali in difficoltà.
Buone festività a tutti.

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LA STORIA A LIETO DI FINE DI CIKO DALL’ABBANDONO AD UNA FAMIGLIA MERAVIGLIOSA

LA STORIA A LIETO DI FINE DI CIKO DALL’ABBANDONO AD UNA FAMIGLIA MERAVIGLIOSA

Articolo di Giovanna Rossi, LEAL sezione Monza e Brianza, estratto dall’ultimo numero della nostra rivista “La Voce dei Senza Voce” n. 114-115 estate-autunno 2019 con i contributi di: Gian Marco Prampolini, Giovanna Tarquinio, Mirta Bajamonte, Francesca Di Biase, Piero M. Bianchi, Giovanna Rossi, Silvia Premoli. Buona lettura.
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Giovanna Rossi
LEAL sezione Monza e Brianza

Il giorno più fortunato della vita del cane Ciko è stato il 2 giugno scorso quando è stato segnalato al presidente LEAL Gian Marco Prampolini che con Alessandra Schiavini e Giovanna Rossi era sul territorio del sisma per consegnare aiuti destinati agli animali randagi. Abbiamo chiesto a Giovanna Rossi, responsabile LEAL sezione Monza e Brianza, di raccontarci la storia del salvataggio di questo meraviglioso cane.

“Ciko, un cane di poco più di un anno, ci è stato segnalato dall’amica e volontaria Daniela che abita a Sommati frazione di Amatrice e che segue con impegno i randagi del territorio. Ciko già dai suoi primi mesi di vita ha con tutta probabilità mostrato il suo disinteresse nello svolgere il ruolo di “custode” delle pecore e per questo un pastore lo ha abbandonato sul territorio. Durante i vari mesi di vagabondaggio tra il freddo e la neve, Ciko si avvicinava alle case in cerca di un po’ di cibo e nell’inverno del 2019 ha trovato in Daniela un’amica che si è presa cura di lui. Inizialmente ospitò Ciko in un riparo di fortuna su un suo terreno dove lei già accudisce i suoi 5 cani salvati dopo il grave terremoto del 2016. Purtroppo la convivenza con gli altri cani è risultata molto difficile nonostante molti tentativi. Dopo vari mesi Daniela ha chiesto ad un amico di ospitare il cane, ma anche questa soluzione si è rivelata un fallimento perché Ciko che ha un carattere mite subiva gli attacchi continui degli altri cani, soprattutto maschi e spesso scappava impaurito.
Fortunatamente Daniela era sempre sui suoi passi e come un angelo ha sempre vegliato su di lui e gli ha sempre assicurato il cibo e le cure pur lasciandolo libero. Il carattere confidente e il bisogno di contatto umano di Ciko che lo porta ad avvicinare le persone stava purtroppo infastidendo molti paesani con il rischio di mettere a repentaglio la sua incolumità. A questo punto Daniela ha chiesto aiuto al presidente di LEAL. La decisione è stata rapida e Ciko è stato caricato in auto destinazione Milano.
Durante il viaggio è stato tranquillo ed appoggiava il suo muso sulle nostre gambe, sempre in cerca di coccole guardandoci con gli occhioni tristi ma nello stesso tempo speranzosi. Ciko si è rivelato un cane buonissimo, ha accettato subito il guinzaglio ed è sempre stato docile e paziente. La sua prima destinazione è stata il rifugio La Fenice di Limbiate MB dove è stato affidato ad una volontaria che gli ha assicurato cibo e coccole oltre che una bella toelettatura visto che il suo pelo era in più punti aggrovigliato con la paglia.
è stato quindi sottoposto ad una accurata visita veterinaria ed esami che hanno certificato il suo buono stato di salute. A questo punto abbiamo fatto a Ciko una promessa: quella di trovargli molto presto una famiglia. Promessa puntualmente mantenuta! È arrivata grazie alla splendida volontaria e amica Simona una richiesta per lui: una famiglia ideale di cui fanno parte Kira una bella e brava cagnolona e tre gatti che convivono felicemente in una casa con un ampio giardino a disposizione. Dopo un inserimento con gli altri animali di casa ora Ciko è stato ufficialmente adottato e la sua vita è finalmente cambiata! Spesso passo a salutare Ciko ed i nuovi amici e la sua famiglia. Cambiare in meglio il destino di un animale in difficoltà è sempre una grande gioia”.


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LEPTOSPIROSI: UN PERICOLO SEMPRE IN AGGUATO

Articolo di Piero M. Bianchi, medico veterinario, estratto dall’ultimo numero della nostra rivista “La Voce dei Senza Voce” n. 114-115 estate-autunno 2019 con i contributi di: Gian Marco Prampolini, Giovanna Tarquinio, Mirta Bajamonte, Francesca Di Biase, Piero M. Bianchi, Giovanna Rossi, Silvia Premoli. Buona lettura.
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Piero M. Bianchi, medico veterinario
Clinica Sempione Milano, 02 33605150
Dr. Bianchi e Dr. Dominione

LEPTOSPIROSI: UN PERICOLO SEMPRE IN AGGUATO
Tra le malattie infettive che possono colpire i nostri amici a quattro zampe, un ruolo di primaria importanza è rivestito dalla leptospirosi, un’affezione che – oltre il cane – interessa gli Ungulati e i Mustelidi selvatici, gli Equini, i Bovini, gli Ovini, i Caprini, i Suini e l’uomo. Il responsabile dell’infezione è un batterio appartenente al genere Leptospira, così chiamato (dal greco antico leptos che sta per “sottile” e speira il cui significato è “spirale”) per la sua forma allungata e a elica, facilmente riconoscibile al microscopio. A esso, identificato dagli scienziati per la prima volta più di un secolo fa, fanno capo innumerevoli specie presenti un po’ in tutto il pianeta: in questo cospicuo gruppo zoologico ne sono state infatti classificate ben duecento che risultano essere patogene.

Alla loro diffusione ubiquitaria hanno contribuito le modificazione climatiche che hanno interessato da una cinquantina d’anni la terra e i cambiamenti dello stile di vita degli uomini e degli animali selvatici e domestici. Tali microrganismi sono dotati di una scarsa sopravvivenza nell’ambiente esterno e vivono più facilmente soprattutto nelle acque stagnanti, nei terreni umidi e nell’apparato escretore di topi e ratti, che li eliminano con l’urina, favorendo così la contaminazione dell’ambiente circostante. A questo proposito è importante sottolineare che, sulla base delle indagini epidemiologiche condotte, non è escluso che possano essere coinvolti altri Roditori (che fungono così da portatori/eliminatori sani), quali per esempio scoiattoli e nutrie: a tutt’oggi, però, non sono state ancora documentate certezze in tal senso.
Che cosa succede nell’organismo del cane
Il cane, considerato uno degli animali maggiormente sensibili all’azione delle Leptospire, può ammalarsi ingerendo non solo urina e tessuti infetti, ma anche acqua o terreno contaminato. Da non dimenticare, però, anche il contagio attraverso le vie respiratoria e cutanea. Possono essere colpiti soggetti di qualunque razza, sesso o età. Tra i principali fattori di rischio vanno ricordati la stagionalità (le punte maggiori si registrano tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno), la frequentazione di aree verdi e zone rurali, l’abitudine a passeggiare e gironzolare nei luoghi infestati da topi e ratti, l’attività venatoria. Dopo la loro penetrazione nell’organismo dei nostri beniamini con la coda, le Leptospire si moltiplicano rapidamente e si diffondono, grazie alla circolazione del sangue, a differenti organi bersaglio, tra i quali i più importanti sono i reni, il fegato, i polmoni, gli occhi, l’apparato digerente, gli organi riproduttori e il sistema nervoso. Qui hanno luogo replicazioni successive, che contribuiscono a peggiorare la situazione generale. I vasi sanguigni, inoltre, diventano più fragili e questa condizione può predisporre all’insorgenza di emorragie in diversi distretti corporei.
Come riconoscerla e curarla
Il primo sintomo a comparire è la febbre: l’animale colpito è svogliato, non mangia, non mostra interesse per ciò che lo circonda e la sua temperatura rettale (di norma compresa tra i 38 e i 39 gradi centigradi) sale in maniera incontrollata, spesso fino a raggiungere e superare il valore di 40. In questa fase i globuli bianchi (misurabili con l’esame emocromocitometrico) aumentano e possono comparire segni clinici quali vomito, diarrea, disidratazione, tosse, difficoltà respiratorie, anemia (contraddistinta da pallore della lingua e delle mucose congiuntivali degli occhi e della bocca), dolori alle zampe (zoppicature e alterazioni locomotorie), disturbi oculari, fino ad arrivare a tremori, forme di paralisi e perfino crisi convulsive. L’urina può diventare molto scura e le analisi del sangue mettono non di rado in luce un coinvolgimento delle funzioni epatiche e renali, caratterizzato da aumento di sete, moltiplicazione degli episodi di vomito e sempre più marcato malessere generalizzato.
Poiché si tratta di un’infezione batterica, la leptospirosi è teoricamente curabile con un’adeguata terapia antibiotica. In realtà, però, la diagnosi è troppo spesso tardiva e i farmaci utilizzati si rivelano raramente efficaci nello sconfiggere la malattia. Oltre agli antibiotici (in linea di principio le Leptospire sono sensibili a molte delle molecole facenti parte di questa categoria), è importante la somministrazione di altri preparati atti a sostenere le funzioni deficitarie dell’organismo canino: l’inoculazione di soluzioni saline serve per reidratare l’animale colpito e ristabilire il corretto equilibrio idrico-salino, gli anti-emetici e i gastroprotettori attenuano la nausea e il vomito, i nefroprotettori e gli epatoprotettori favoriscono l’attività di reni e fegato, i ricostituenti aiutano il cane a riprendersi più rapidamente dal decadimento generale che interessa il suo organismo.
La prevenzione è fondamentale
Per combattere adeguatamente la leptospirosi canina è indispensabile vaccinare in maniera sistematica e regolare i nostri amici a quattro zampe. Fino a qualche anno fa si impiegava un vaccino bivalente (attivo contro la Leptospira canicola e la Leptospira icterohaemorragiae) che, da inoculare ogni sei mesi circa, garantiva a tutti i soggetti trattati una buona protezione immunitaria. Recentemente, però, i ricercatori hanno messo a punto un nuovo preparato tetravalente (efficace anche contro la Leptospira grippotyphosa e la Leptospira australis), i cui vantaggi sono rappresentati non solo dal più ampio spettro d’azione (quattro sierogruppi anziché due), ma anche dalla durata più lunga (dodici mesi contro sei). Questo innovativo vaccino, disponibile anche nel nostro Paese, deve – se somministrato per la prima volta – essere richiamato dopo tre/quattro settimane e successivamente ripetuto una volta all’anno per tutta la durata della vita. Nei cuccioli è preferibile iniziare il ciclo vaccinale intorno ai tre mesi di vita.
In linea di principio è raccomandabile vaccinare tutti i cani, indipendentemente dalle loro abitudini di vita. Per l’esecuzione della vaccinazione occorre rivolgersi al proprio medico veterinario di fiducia che, dopo avere visitato l’animale e riscontrato la sua buona salute, inoculerà il prodotto e ne comproverà l’avvenuta esecuzione apponendo la sua firma e il suo timbro all’interno del libretto delle vaccinazioni.
Il prodotto in questione non ha alcun effetto secondario, in quanto formulato utilizzando i microrganismi infettanti uccisi, dopo averli privati in laboratorio del loro potere patogeno: può essere pertanto utilizzato senza alcun problema in animali giovani, adulti e anziani.

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A PROPOSITO DI FUGA DI CERVELLI: LA RICERCA SENZA ANIMALI

Articolo di Giovanna Tarquinio, Direttivo LEAL, estratto dall’ultimo numero della nostra rivista “La Voce dei Senza Voce” n. 114-115 estate-autunno 2019 con i contributi di: Gian Marco Prampolini, Giovanna Tarquinio, Mirta Bajamonte, Francesca Di Biase, Piero M. Bianchi, Giovanna Rossi, Silvia Premoli. Buona lettura.
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Giovanna Tarquinio
Direttivo LEAL

A PROPOSITO DI FUGA DI CERVELLI: LA RICERCA SENZA ANIMALI
Tempo fa sul quotidiano “La Stampa” ho letto un articolo che ha catturato la mia attenzione e che mi ha interessato, in quanto riportava la notizia relativa a due giovani biologi italiani: Cinzia Silvestri e Nikolas Gaio, che hanno creato un “organ-on-chip”, ovvero un organo che batte come un cuore e può espandersi come un polmone, nell’ambito del loro comune interesse di investire nella ricerca medica senza ricorrere a test sugli animali. Vincitori della Accenture Health Award 2018, per la sezione Health, con il loro progetto BI/OND, essi intendono trovare metodi scientifici di ricerca medica più sostenibili ed efficaci per lo sviluppo di nuovi medicinali, per un futuro più etico.
Cinzia Silvestri, secondo la classifica stilata da Inspiring Fifty Italia, è considerata una fra le più influenti ricercatrici tecnologiche del mondo, ce ne sono solo 50, mentre Nikolas Gaio ha vinto l’ultimo Young Researcher Award del Lush Prize, il premio che viene assegnato per la ricerca sostitutiva e lo stesso è stato assegnato ad Alessandro Paolini, dell’Istituto nanotecnologico del CNR, con un dottorato conseguito presso l’Università del Salento e presso il Lawrence Berkeley National Laboratory in California. Cinzia e Nikolas, dopo aver entrambi conseguito il dottorato in microelettronica e microfabbricazione, presso l’Università di Tor Vergata a Roma, e al Politecnico di Milano, hanno proseguito gli studi spostandosi a Delft (Olanda). Qui, in collaborazione con l’Università olandese, hanno realizzato il BI/OND, grazie alla collaborazione del collega William Quiros-Solano.

Questi talentuosi giovani sono la testimonianza che studiare e promuovere lo sviluppo di test senza ricorrere all’uso degli animali non ha soltanto un risvolto etico, ma soprattutto scientifico. I test sugli animali hanno dimostrato le loro limitazioni in quanto sono poco predittivi. Oltre il 90% dei medicinali che vengono testati sugli animali risultano poi fallaci nel momento in cui vengono testati sugli uomini. Su questi dati si è basata l’idea di creare “organ-on-chip”, che in sostanza è un microchip che funge come la migliore cavia, altamente tecnologica, per testare farmaci e studiare modelli patologici e fisiologici, operando su piccoli modelli dinamici di organi che utilizzano cellule umane. Due ospedali olandesi hanno messo a disposizione dei due biologi, al fine di collaborare al loro progetto, una serie di strumenti altamente tecnologici. Ciò ha consentito di poter creare un microchip di soli 1×1 cm, che simula un organo umano, permettendo così di interagire tra diversi tipi di cellule. Come ci spiega la dottoressa Cinzia Silvestri: all’interno di queste piattaforme le cellule che vengono inserite, si sentono più a casa. Questa procedura ha come obiettivo di ottenere risultati scientifici più attendibili evitando l’uso di animali nella ricerca. A questo punto si comprende perché molti giovani ricercatori valenti si trovano a dover cercare fuori dall’Italia la possibilità di realizzarsi e specializzarsi in studi che consentono di realizzare studi innovativi, come dimostra questo esempio in Olanda, dove la possibilità di produrre piattaforme on demand e di collaborare con gruppi di ricerca clinica, presso strutture adeguate, lo sviluppo di ricerche sostitutive sono una realtà.
All’estero lo sviluppo di una ricerca senza uso di animali, opera su culture cellulari e ricorre a tecniche di microfabbricazione per alcuni tipi di patologie, come ad esempio la SLA, dove è conclamato che gli animali non possono dare risultati utili, in quanto il loro sistema motorio non ha alcun riferimento, data la sua complessità, a quello umano. Inoltre la componente genetica di determinate malattie umane non è sempre presente, per cui trovare metodi di sperimentazione sostitutivi all’animal testing diventa una necessità per patologie come appunto la SLA.
La dottoressa Silvestri in una intervista ha rivelato che il suo desiderio sarebbe quello di portare il loro progetto in Italia appunto, e qui in Italia? La leva per poter offrire nuove prospettive di ricerca sui test sostitutivi la sta offrendo L’Istituto di nanotecnologia del CNR con il progetto Polaris a cui lavora Alessandro Paolini, con l’obiettivo di migliorare l’efficacia della ricerca di base preclinica, senza ricorre agli animali. Usando la tecnologia la creazione di nuovi modelli in vitro ci permetterà di abbattere i costi che comporta la sperimentazione di medicinali e i test animali, per i quali fra l’altro, occorrono ben 13 anni e due miliardi di euro solo per studiare un farmaco, per poi ritrovarsi a scoprire la sua fallacità, una volta passato all’uomo.
Noi di LEAL siamo stati in un certo senso i pionieri in Italia, molto tempo fa, quando nacque l’idea di istituire e finanziare la prima Borsa di studio, per dare la possibilità a giovani ricercatori di trovare nuove procedure e metodi di ricerca scientifica, incentivando l’interesse verso la rinuncia al ricorso di animali nei test, sia da un punto di vista prettamente scientifico per il benessere umano che etico. Incontrammo molta resistenza e ricevemmo critiche, tacciati come visionari ma ci abbiamo creduto e non ci siamo fermati. Ora la strada è stata aperta e sta percorrendo la giusta direzione in cui deve andare speditamente la ricerca scientifica. I governi devono guardare al futuro di essa arrivando a comprendere che la vivisezione è un ostacolo che bisogna abbattere, un retaggio inutile e pericoloso per il benessere di tutti. La prospettiva di utilizzare animali geneticamente modificati, creati in laboratorio, per cui verranno considerati non più come animali ma strumenti di lavoro, non ci esime dal condannare moralmente una procedura che continuerà a portarci lontano dalla via maestra.

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