Cristiano Fant
Operatore esperto in Etologia Relazionale
Responsabile LEAL Fauna Selvatica
Finalmente ci sono riusciti…o quasi! Il declassamento del grado di protezione del lupo dallo status di “rigorosamente protetto” a quello di “protetto” sta per diventare realtà. Sarà la vittoria politica di quella parte della CE che prende decisione per compiacere le proprie partnership, che gestisce il potere in base alle simpatie e alle convenienze. Una decisione antiscientifica che dimostra come la CE sia in mano agli arrivisti e non a persone preparate e competenti. Sarà anche la vittoria degli incapaci, di quegli allevatori (non tutti, per fortuna) che non sanno gestire in sicurezza i propri animali da reddito e delle associazioni di categoria che non hanno mai fatto molto per aiutarli, preferendo prendersela con il lupo piuttosto che con una politica becera (della quale evidentemente fanno parte) che non ha mai sviluppato programmi adatti a mantenere sano il mondo dell’allevamento. Sarà la vittoria della violenza che è sempre l’arma dei deboli e dei vigliacchi. Lo sostengo da sempre, il lupo è un problema politico, non sociale; è il classico capro espiatorio alle mancanze umane.
Certo, il declassamento non significa che si potrà sparare impunemente agli individui della specie a proprio piacimento, anche se in Italia, vista la politica odierna ci arriveremo molto vicino perché collusione e omertà sono sinonimi di politica, nel Belpaese. Mentre attendiamo di vedere se le parti della Commissione darà parere contrario o meno al declassamento, il Garante dei diritti europeo ha aperto un’indagine sul tema, su richiesta di ONG Client Earth, organizzazione ambientalista che utilizza la legge per proteggere la vita sulla Terra, a dimostrazione che basi scientifiche per il declassamento non ce ne sono. L’Italia è da tempo in prima linea nel chiedere il declassamento e la possibilità di sparare, dimostrando le proprie mancanze, ben note, in tema di rispetto della biodiversità, pur tutelata dalla Costituzione che sempre più appare carta straccia, da un paio d’anni a questa parte. E a gioire è in primis Fratelli d’Italia che della cultura ambientale ha bruciato da tempo la bandiera e che inneggia già al massacro, pur di tutelare un mondo, quello dell’allevamento, che è sì un’attività di rovina per la biodiversità ma che viene ancora sostenuto in quanto tradizione. Evidentemente in Italia, le tradizioni contano più della vita e della tutela dell’ambiente, quell’ambiente che ci permette di vivere e che fa del nostro Paese uno dei più belli del mondo.
Il lupo è una specie ancora a rischio, in molti Paesi della CE e dopo aver lavorato decenni per ricostruire una popolazione numericamente stabile, oggi torniamo indietro dal punto di vista culturale e normativo. Ma quando a governare non sono la scienza, il buonsenso e la professionalità i risultati non possono essere molto diversi. Viva l’ignoranza, nuovo vessillo sanguinante da sventolare a Bruxelles.
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LUPO: L’EUROPA PERDE LA RAGIONE E LO DECLASSA DISCAPITO DELLA BIODIVERSITÀ
La riunione dei Rappresentanti Permanenti a Bruxelles oggi 25 settembre ha portato ha una modifica peggiorativa dello status di protezione del lupo nell’Unione Europea. La maggioranza qualificata degli Stati membri ha approvato la proposta della Commissione Europea di declassificare il lupo pur con tutti gli effetti negativi sulla biodiversità in Europa.
Questo cambiamento è stato approvato dai ministri dei 27 Paesi dell’Unione Europea e rappresenta un regalo alla categoria degli allevatori. II prossimo passo decisivo riguarderà la modifica della Convenzione di Berna e sarà discusso il prossimo dicembre, in quella sede di decideranno anche le raccomandazioni relative alla protezione delle specie. Questa modifica prevede un cambiamento nello status di protezione del lupo, che passerebbe da “rigorosamente protetto” a “semplicemente protetto”.
Anche LEAL condanna la scelta del Governo italiano che con il suo voto favorevole alla proposta vende la pelle del lupo agli allevatori che percepiscono ristori per le predazioni subite e non garantiscono adeguate misure di protezione ai propri animali.
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LEAL Lega Anvivisezionista, supporter ufficiale della campagna di raccolta firme e partner di Peta Uk ringrazia Paul Mc Cartney per il sostegno a questa campagna decisiva per la vita di milioni di animali. Lo slogan che LEAL ha scelto per questa campagna è: “Let it be Cruelty Free”.
Ci sembra così vicino l’11 marzo 2013 quando in quella data memorabile l’Europa comunicò il divieto di vendere prodotti per la cosmesi che fossero stati testati sugli animali o che avessero utilizzato ingredienti testati su animali in base al Regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici. Ma adesso questo potrebbe finire perché nonostante i divieti, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) richiede nuovi test sugli animali per determinati ingredienti, anche quelli utilizzati esclusivamente nei cosmetici e per ingredienti con un uso sicuro di lunga data. In tutta Europa, milioni di animali vengono utilizzati ogni anno in esperimenti che spesso infliggono gravi sofferenze ma raramente mantengono la loro promessa principale, ovvero una migliore salute per gli esseri umani. Le vittime includono topi, pesci, ratti, porcellini d’India, conigli, gatti, cani e scimmie. Abbiamo bisogno che questa sofferenza finisca: per gli animali e per una migliore medicina, una migliore sicurezza dei prodotti e una migliore protezione dell’ambiente. Vogliamo vedere una scienza umana, umana e priva di animali adeguatamente finanziata e pienamente utilizzata: ecco perché abbiamo bisogno che tutti i cittadini Europei si uniscano a noi e firmino l’Iniziativa dei cittadini europei (ECI) https://eci.ec.europa.eu/019/public/#/screen/home Sarà possibile firmare fino al 31 agosto 2022. Chiediamo alla Commissione europea quanto segue: proteggere e rafforzare il divieto di sperimentazione animale sui cosmetici, trasformare la normativa UE sulle sostanze chimiche. impegnarsi a sviluppare un piano concreto per il passaggio alla scienza non animale.Gian Marco Prampolini, presidente LEAL ricorda: “Abbiamo combattuto duramente con voi e con i membri del Parlamento europeo per ottenere queste leggi e adesso la Commissione europea deve sostenere e consolidare questo divieto e la transizione verso metodi di valutazione della sicurezza senza l’impiego di animali. L’Europa sta per infrangere una legge europea per cui gli animali non avrebbero più sofferto né sarebbero morti per produrre cosmetici, come LEAL non possiamo che opporci a questo inaccettabile tradimento”.
Premesso che la legislazione europea, promossa a partire dal Piano di Azione per il benessere degli animali 2006-2010 è una delle più avanzate al mondo, e che la Direttiva del Consiglio 1999/22/EC sul “Mantenimento degli animali selvatici negli zoo” permette di rinchiudere gli animali negli zoo solo con precisi scopi – quali la conservazione della specie, lo scambio di informazioni sulla conservazione delle specie, e la riproduzione in cattività per il ripopolamento e la reintroduzione di specie allo stato selvatico – a nostro avviso negli ultimi anni diversi centri non hanno perseguito questi obiettivi. Innanzitutto, come si evidenzia nel rapporto steso nel 2011 dalla Born Free Foundation mediamente “solo il 13% delle specie tenute in zoo europei sono state classificate come specie minacciate”. E il restante 87% perché è dunque chiuso in cattività?
Sempre secondo il report solo il 5% dei mammiferi, dei rettili e degli anfibi, e il 9% degli uccelli sarebbe inserito nelle liste delle specie a rischio, e solo l’11% sarebbe registrata nello European Endangered Species Programme (EPP) o nello European Studbook (ESB).
Certamente la possibilità di avvicinarsi a tanti animali diversi, fuori del proprio habitat, potrebbe indurre a sostenere l’importanza di educare e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla conservazione della biodiversità, ma questo come può essere possibile in uno status come quello della cattività, che danneggia la salute degli animali, causando stati di alterazione delle caratteristiche psico-sociali, dell’alimentazione, e li costringe in luoghi ristretti come le gabbie, con climi ben differenti dal loro habitat naturale?
Ricordiamo tutti la petizione lanciata poche settimane fa per salvare l’orso Arturo, costretto a vivere in un recinto di cemento che lascia poco spazio ai movimenti, una piscina d’acqua profonda appena 50 centimetri e temperature che arrivano a 40 gradi. Arturo, ha 29 anni e vive in queste condizioni da 20 rinchiuso nello zoo di Mendoza, una città al centro dell’Argentina.
Inoltre molti psicologi si sono espressi sulle valenze pedagogiche negative dell’uso degli animali per divertimento nei circhi, nelle sagre e negli zoo, anche senza che questi vengano uccisi e sezionati con un coltello da macellaio davanti ai bambini, come nel caso della giraffa Marius, nello zoo danese di Copenhagen lo scorso febbraio.
Chiediamo perciò attraverso questa petizione che la Commissione Ambiente, si faccia promotrice di una nuova legislazione sul “Mantenimento degli animali selvatici negli zoo”, in cui vengano valorizzati i centri di recupero, di cura, di ripopolamento e di reintroduzione allo stato selvatico degli animali, che mirano a salvare le specie a rischio con l’obiettivo finale di reintrodurle in natura una volta fuori pericolo. Questi sono gli unici centri il cui obiettivo, il ritorno in natura degli animali feriti o in via di estinzione, è in linea con i principi ultimi della legislazione europea sul benessere animale. Chiediamo inoltre la chiusura immediata di tutti gli zoo e i centri di cattività nei quali non sia garantito il benessere degli animali e che siano sanzionati economicamente e penalmente coloro che sopprimono animali in cattività e che sia vietato l’acquisto di animali catturati liberi. Chiediamo infine che a coloro che sono stati condannati penalmente sia vietato continuare ad espletare le loro mansioni a contatto con altri animali.
Per consultare tutto il testo della petizione e per unirti a noi con la tua firma CLICCA QUI Fonti: Tabella – Born Free Foundation Video: Ansa
Con 22 voti a favore e 18 contrari, le Commissioni Ambiente e Industria del Senato, in seduta comune, hanno approvato il testo del Governo che rinnova il permesso di catturare e utilizzare i piccoli uccelli migratori come richiami vivi (salvo attivare le procedure di deroga), nonostante l’Europa si sia apertamente espressa contro questa pratica. Un testo, quello proposto ieri dal Governo alle commissioni, che aveva già spinto Bruxelles ad attivare la procedura di infrazione contro l’Italia, nel febbraio dello scorso anno. E così il nostro Governo apre il semestre di Presidenza in Europa con l’eredità di una procedura di infrazione aggravata e un deferimento alla Corte di Giustizia che si fa più vicino. Ricordiamo, infatti, che quella dei richiami vivi è un’attività illegale secondo la direttiva Uccelli dell’Unione Europea, che all’articolo 8, vieta la cattura degli uccelli selvatici ed elenca i mezzi che devono, in particolare, essere vietati dagli Stati membri. Determinante in questo quadro l’apporto del partito del Presidente Renzi che, con le eccezioni di Laura Puppato e Monica Cirinnà, ha votato quasi unanime a favore del provvedimento. Ci chiediamo, per altro, che fine abbia fatto l’appello della Senatrice Amati lanciato lo scorso 21 giugno in una lettera aperta al Presidente del Gruppo PD Senato, Sen. Luigi Zanda e al Vicesegretario PD, On. Lorenzo Guerini in cui chiedeva di votare contro questa pratica: “sono convinta che così noi tutti potremo portare a termine una questione giusta in sé, consentendo al Partito Democratico di poter vantare una corrispondenza più piena con il sentire della maggioranza assoluta degli italiani sul tema della tutela degli animali.” E invece la tutela è andata ai cacciatori. “Avere il Parlamento che si schiera su una pratica cosi vigliacca e crudele la dice lunga sulla lobby dei cacciatori” ha dichiarato il nostro Presidente Gian Marco Prampolini “oltre che il danno la beffa: verremo giustamente multati dall’Europa per questa orrenda pratica. Saremo al fianco delle altre associazioni animaliste in questa protesta, che non potrà fermarsi qui. Quasi 150 mila cittadini hanno firmato la petizione contro questo voto.” Ma cosa sono i richiami vivi? Sono piccoli uccelli migratori come tordi, merli, allodole che vengono utilizzati, durante la caccia, per attirare uccelli della stessa specie con il loro canto. Vengono catturati tramite reti posizionate sui valichi montani in primavera, quanto iniziano le migrazioni e tenuti al buio per diversi mesi, cono lo scopo di invertire il loro ciclo vitale. Ad alcuni vengono somministrate sostanze anabolizzanti o vengono strappate le penne, per dare inizio ad una muta artificiale che ne fortifichi il canto. Più forte canteranno, più uccellini attireranno. E a fine estate, quando dopo mesi di buio, vengono riportati all’aperto, convinti che sia tornata la primavera, iniziano a cantare per richiamare i propri simili.
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